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FONTI:

sabato 6 giugno 2009

Che cos'è la biologia?

La biologia (dal greco Βιολογία, composto da βίος, bìos = "vita" e λόγος, lògos = nel senso di "studio") è quella materia che studia tutto ciò che riguarda la vita.
La biologia comprende uno spettro molto ampio di discipline, spesso considerate indipendenti. A proporre il termine biologia furono, sui primi dell'1800, Jean-Baptiste de Lamarck e separatamente Gottfried Reinhold Treviranus.

Dall'antichità a oggi

La biologia è una scienza di origine antichissima. Il termine biologia deriva da due termini greci: bios (vita) e logos (discorso, studio).
Da sempre l'uomo si è dedicato allo studio della biologia, prima in modo elementare, imparando a distinguere le piante commestibili da quelle velenose, poi in modo sempre più approfondito. I Greci sono stati il primo popolo a lasciare traccia di uno studio approfondito della biologia. Il filosofo e matematico Talete (624 - 548 a.C.) fu il primo ad intuire che molti fenomeni non avevano origine divina. I filosofi della "scuola ionica", di cui proprio Talete è ritenuto il fondatore, sostenevano che ogni evento avesse una causa, senza che una volontà esterna al mondo potesse intervenire. Essi ritenevano anche che la mente umana potesse comprendere e prevedere i fenomeni naturali. Si racconta infatti che lo stesso Talete abbia previsto un'eclissi di luna suscitando grande stupore tra i suoi contemporanei.
I filosofi della scuola ionica sono considerati i fondatori della speculazione scientifica, che si suddivide in:

- Indirizzo filosofico, che cercava di individuare leggi e princìpi della natura.
- Indirizzo medico, che studiava l'anatomia e la fisiologia del corpo umano allo scopo di curare i mali.

Nacquero allora molte scuole di medicina, tra le quali si ricorda quella di Empedocle d'Agrigento, che considerava il sangue essenza vitale, dotata di un calore innato. Un altro grande medico fu Ippocrate di Coo (460 - 370 a.C.). Egli introdusse il metodo induttivo (un metodo simile a quello scientifico che sarà introdotto da Galileo nel Rinascimento). Ippocrate fu il primo medico a visitare personalmente i malati e a seguire il decorso delle loro malattie. Con Aristotele (384/3 a.C. - 7 marzo 322 a.C.) e i suoi studenti, riuniti in un cortile chiamato Liceo, la biologia si separò definitivamente dalla medicina. Aristotele ordinò più di 500 specie di animali in catene nelle quali incluse anche l'uomo, classificandolo come "animale politico". Aristotele studiò approfonditamente (per i mezzi di cui disponeva) il polpo (animale capace di riconoscere le figure geometriche e, addirittura, di contare!), l'apparato digerente dei ruminanti e lo sviluppo degli embrioni di pollo.

Di spicco in questo periodo fu la figura di Leonardo da Vinci (1452 - 1519), il quale si dedicò, tra l'altro, allo studio dell'anatomia umana. Di Leonardo ci sono rimaste tavole anatomiche molto dettagliate, frutto delle autopsie che egli, contro la legge, svolgeva. Un altro importante personaggio del rinascimento fu Paracelso (1493 - 1541). Egli era un chimico o, più precisamente, un alchimista, conoscitore dei principi curativi di vegetali e minerali. Una grande svolta nello studio, della biologia come di tante altre scienze fu data Galileo Galilei (1564 - 1642), che introdusse il metodo scientifico, basato su osservazione, descrizione e riproduzione in laboratorio dei fenomeni naturali. Nel corso del XV - XVI secolo lo studio della biologia fu alimentato da diversi fattori, i cui principali furono:

- La traduzione in latino delle opere di Aristotele.
- La possibilità di studiare nuove piante ed animali provenienti dall'America appena scoperta.
- L'abbassamento del costo dei libri dovuto all'invenzione della stampa.
- La legittimazione delle autopsie.

Lo studio delle scienze proseguì per tutto il 1600: William Harvey dimostrò come circola il sangue nel corpo umano. In Francia, Cartesio formulò la teoria del meccanicismo, paragonando l'uomo ad una macchina e sostenendo quindi che potessero essere studiate e riprodotte le singole parti del corpo; Stahl, con la teoria del vitalismo, si contrappose a Cartesio affermando che le parti che compongono l'uomo sono indivisibili e irriproducibili perché tenute insieme da un'anima. Sempre nel 1600 fu inventato il microscopio da Antony van Leeuwenhoek. Grazie a questo nuovo strumento, Robert Hooke, in Inghilterra, riuscì a studiare le cellule, avendo la possibilità di guardarle da vicino.

Nel XVIII secolo ci si pose il problema di quando si fosse formata la Terra. Un vescovo, Thomas Usher, teorizzò, contando gli anni delle generazioni della Bibbia, che la Terra fosse nata nel 4004 a.C. il 22 ottobre alle 8 di mattina, ma quest'ipotesi fu scartata con lo studio dei fossili, essendo il periodi di formazione di questi molto maggiore.

Con Darwin nell'800 iniziò lo studio della biologia moderna, nello stesso periodo Mendel formulò le sue leggi sull'ereditarietà. Con Theodor Schwann e Schleiden si giunse a considerare la cellula il centro di ogni attività vitale, scoprendo che tutti i viventi sono formati da cellule.

Ecologia

L'ecologia (dal greco: οίκος, oikos, "casa" o anche "ambiente"; e λόγος, logos, "discorso" o “studio”) è la disciplina che studia la biosfera, ossia la porzione della Terra in cui è presente la vita e le cui caratteristiche sono determinate dall'interazione degli organismi tra loro e con l’ambiente circostante, o ancora porzioni della biosfera medesima. Il termine fu coniato dal biologo tedesco Ernst Haeckel nel 1866.
Una porzione di biosfera delimitata naturalmente costituisce un ecosistema. I fattori ambientali che determinano un ecosistema sono solitamente classificati in fattori biotici, abiotici e limitanti. Ecosistemi di livello inferiore possono essere contenuti in ecosistemi più ampi: la biosfera è quindi il massimo ecosistema.
Due approcci diversi all'ecologia sono:

- la sinecologia, che analizza gli ecosistemi nella loro globalità, studiandone in particolare l'equilibrio o l'evoluzione;
- l'autoecologia, che studia i rapporti ecologici intrattenuti da una singola specie, ossia la sua nicchia ecologica.

Oltre ai singoli ecosistemi, l'ecologia studia i biomi, ossia le tipologie di ecosistemi, che si ritrovano in continenti diversi in condizioni climatiche, pedologiche e geomorfologiche simili.
L'ecologia, nell'arco della sua pur giovane storia, ha visto nascere una serie di specializzazioni al suo interno.
L'ecologia delle acque interne ad esempio studia gli ecosistemi di acque dolci. In particolare studia le acque superficiali, ovvero fiumi, laghi ecc., e le acque sotterranee, come ad esempio le falde freatiche.
L'ecologia del paesaggio si occupa invece di studiare la struttura, le funzioni e le trasformazioni nel tempo del paesaggio nelle sue diverse accezioni. Quest'ultima ha un importante nesso con l'Ambiente costruito dall'uomo per la realizzazione dei suoi bisogni ed attività.

1) LA BIOSFERA

In ecologia si definisce biosfera (o ecosfera) l'insieme delle zone del pianeta Terra in cui le condizioni ambientali permettono lo sviluppo della vita. Queste zone in cui si sviluppa la vita, che si pensa sia nata almeno 3,5 miliardi di anni fa, includono la litosfera (sottosuolo e superficie terrestre), l'idrosfera (le acque marine, lacustri e fluviali), ed i primi strati dell'atmosfera (fino ad una altitudine di ca. 10 km). La vita è resa possibile sulla terra a causa di alcune condizioni come la presenza di una atmosfera, che protegge da radiazioni e meteoriti; una temperatura idonea al mantenimento delle strutture terziarie e quaternarie delle proteine e l'esistenza di elementi chimici appropriati per lo svolgimento dei processi vitali.
Influenze significative sulla biosfera sono svolte dai movimenti di acqua ed aria su di essa e dalla posizione e dai movimenti della terra rispetto al sole.
La biosfera, vista come sistema, ha scambi importanti di materia ponderabile solo con l'interno della Terra (cicli biogeochimici). Il suo elevato livello di organizzazione è garantito dal fatto che riceve radiazione elettromagnetica dal Sole, che le consente di mantenere un elevato livello di energia libera.
La biosfera può essere scomposta in macro-unità caratterizzate da uniformità di condizioni del clima, in cui si sono adattate una flora e una fauna specifiche, definite biomi, i quali a loro volta possono essere scomposti in micro-unità chiamate ecosistemi.
Il concetto di biosfera, intesa nel suo insieme come un organismo vivente, è noto come ipotesi Gaia o teoria di Gaia.
Le modificazioni geologiche e climatiche della biosfera avvenute durante la storia del pianeta hanno influito profondamente sugli ecosistemi e gli organismi viventi, determinando processi evolutivi ed estinzioni.
Un'accelerazione di queste modifiche sembra essere data anche dallo sviluppo della popolazione umana, che ha influito direttamente, in particolare dalla fine del secolo scorso, sulle condizioni ambientali e climatiche. I principali fattori antropici che possono avere influenza negativa sulla biosfera sono:

- il disboscamento
- l'urbanizzazione
- l'agricoltura
- l'inquinamento e l'incremento della CO2 atmosferica a causa del massiccio uso di combustibili fossili.

1.1) La litosfera

Il termine litosfera deriva dal greco: λίθος ("pietra, roccia") + σφαίρα ("sfera"), vale a dire "sfera rocciosa".
La litosfera è la parte della Terra che comprende la crosta terrestre e la porzione più superficiale del mantello superiore. La superficie di discontinuità sismologica tra questi due elementi viene detta discontinuità di Mohorovicic (Moho). Nella zona crostale le onde sismiche P ed S aumentano leggermente di velocità, mentre nel mantello superiore l'aumento è decisamente più marcato. Ad una profondità compresa tra i 70 e i 120 km tali onde subiscono un rallentamento; tale zona viene considerata come il limite di profondità della litosfera; al disotto è presente una zona dalle diverse proprietà sismologiche, l' astenosfera. La suddivisione geologica fra litosfera e astenosfera non va confusa con la suddivisione chimica in mantello e crosta terrestre.
La litosfera è frammentata in una serie di placche tettoniche o litosferiche, ai cui margini si concentrano i fenomeni geologici endogeni, come il magmatismo (incluso il vulcanismo), la sismicità e la orogenesi. Le placche possono essere oceaniche o miste, coperte in parte dalla crosta di tipo continentale.
Vi sono due tipi di litosfera:

- Litosfera oceanica, associata alla crosta oceanica.
- Litosfera continentale, associata alla crosta continentale.

La litosfera oceanica è spessa all'incirca fra i 100 e i 150 km (ma al di sotto delle dorsali oceaniche non è più spessa della crosta), mentre quella continentale ha un raggio che va dai 40 ai 200 km; la zona più superficiale fino a 30 o 50 km di profondità è la tipica crosta. La parte del mantello della litosfera consiste principalmente di peridotite ed è più densa della litosfera continentale, ed è separata dalla crosta dalla discontinuità di Mohorovičić.
La litosfera oceanica consiste principalmente di crosta femica e mantello ultrafemico (peridotite) ed è più densa della litosfera continentale, per la quale il mantello è associato con crosta composta di rocce felsiche. La litosfera oceanica si inspessisce man mano che si allontana dalla dorsale medio-oceanica. Questo inspessimento avviene per raffreddamento conduttivo, che converte l'astenosfera calda in mantello litosferico, e causa l'incremento di densità della litosfera oceanica con il passare del tempo. La litosfera oceanica è poco meno densa dell'astenosfera per poche decine di milioni di anni, ma poi diviene sempre più densa dell'astenosfera. L'instabilità gravitazionale della litosfera oceanica matura ha l'effetto di farla invariabilmente sprofondare nelle zone di subduzione al di sotto della litosfera, che può essere continentale od oceanica. Nuova litosfera oceanica viene costantemente prodotta nelle dorsali medio-oceaniche e viene "riciclata" indietro nel mantello attraverso le zone di subduzione. Come risultato, la litosfera oceanica è molto più giovane di quella continentale: la più vecchia litosfera oceanica ha circa 170 milioni di anni, mentre alcune parti della litosfera continentale risalgono a due miliardi di anni fa. Le parti più antiche della litosfera continentale celano dei cratoni, e lì la litosfera-mantello è più spessa e meno densa del normale. La relativa bassa densità di queste "radici di cratoni" del mantello aiuta a stabilizzare tali regioni.

1.2) L' idrosfera

L'idrosfera, in geografia fisica, rappresenta tutte le acque presenti nel sottosuolo o nella superficie di un pianeta. L'acqua che la sempre compone può trovarsi in varie parti del corpo azzurro e celeste:

- Nella litosfera, sulla superficie della Terra e all'interno di rocce;
- Nella biosfera, componendo parte di creature della flora e della fauna;
- Nell'atmosfera, come nubi e vapore acqueo;

Coprendo parte della crosta terrestre, in forma di oceani, calotte polari, eccetera. Deriva dal greco antico: "hydros" e "sphaira", ovvero "sfera d'acqua". Con il termine di "risorgive" si definiscono le venute a giorno di acque sotterranee legate alla variazione della permeabilità dei sedimenti. Ciò significa che le acque della falda, che circolano - più o meno liberamente - all'interno dei sedimenti a granulometria grossolana (ad esempio ghiaie), affiorano nel momento in cui vengono ad incontrare livelli più fini e quindi meno permeabili, cioè quando l'incremento di livello determinato dalla riduzione di permeabilità fa sì che la tavola d'acqua intersechi la superficie.
Associato al termine risorgiva si ritrova, quello di fontanile. I due termini però, non sono affatto sinonimi: mentre la risorgiva è un fenomeno naturale, il fontanile rappresenta, in alcuni territori, il prodotto dell'intervento umano che ha modificato una risorgiva o ne ha "provocata" una con un intervento di scavo.
Le risorgive sono presenti e diffuse, spesso con continuità, in più aree della Pianura Padana dove rappresentano uno degli elementi ambientali più tipici, e questa tipicità è legata sia agli aspetti naturali che alle caratteristiche modificazioni opera dell'intervento umano.

- acqua totale: oceani 97%, 3% acqua dolce
- acqua dolce: 79% calotte glaciali e ghiacci, 20%acqua sotterranee, 1% acqua dolce in superficie facilmente accessibile
-acqua dolce in superficie facilmente accessibile: 52% laghi, 38% umidità del suolo, 8% vapore acqueo, 1%fiumi e torrenti, 1% acqua degli organismi viventi .

L'idrosfera del pianeta Terra è basata sul ciclo delle acque, che passano continuamente dallo stato liquido, a quello gassoso e, in alcuni casi, allo stato solido. La gran parte di queste acque è raccolta negli oceani, che ne permettono il continuo riciclo. Sul nostro pianeta si trovano 1,4 miliardi di chilometri cubi di acqua il 97% si trova nel mare il 3% nei ghiacciai e nelle calotte polari lo 0,2 % è acqua disponibile per l'uomo cioè acqua dolce, che si trova nei laghi, nei fiumi e nelle acque sotterranee (falde acquifere).
La prima parte detta anche fase atmosferica (evaporazione → formazione delle nubi → venti) è alimentata dall’energia solare: circa ¼ di tutta l’energia proveniente dal Sole è utilizzata per l’evaporazione e viene accumulata nelle nuvole come energia potenziale. Nella seconda parte detta anche fase terrestre: (precipitazioni → deflusso dell’acqua) interviene la forza di gravità che provoca la ricaduta dell’acqua sul suolo e il movimento delle acque in superficie e in profondità: in questo modo l’energia accumulata nell’acqua delle nuvole si trasforma in energia cinetica.L'acqua che cade sul suolo ritorna al mare con le falde acquifere e con i corsi d'acqua.
La salinità è il peso in grammi dei sali disciolti in 1 L di acqua; essa si esprime in g/l o in parti per mille (‰) ed è in media di 35 g/l. La presenza di sali disciolti fa si che l’acqua abbia un punto di solidificazione inferiore a quello dell’acqua pura, che è 0 °C: l’acqua di mare solidifica a circa –1,9 °C e questo è importante per la vita nel mare. La temperatura delle acque superficiali dipende dalla latitudine e dalla stagione: all’Equatore si mantiene costante tutto l’anno intorno ai 27 °C. Le maree sono causate dall’attrazione gravitazionale del Sole e della Luna. Quando la luna è in congiunzione o in opposizione al Sole, le due forze si sommano e la marea ha la massima ampiezza, cioè la massima differenza di livello fra l’alta e la bassa marea. Le correnti marine sono provocate da differenze di temperatura e di salinità ed il loro movimento è condizionato dalla rotazione terrestre oltre che dallo spirare dei venti. Le correnti superficiali si distinguono in : correnti calde e correnti fredde. Le calde eseguono un percorso che va dalle zone equatoriali in direzione dei poli, le fredde chiudono il ciclo dalle alte latitudini verso l'equatore. Il loro movimento è influenzato dalla morfologia dei bacini ed è soggetto alla forza di Coriolis.

1.3) L' atmosfera

La parola atmosfera (dal greco ἄθμος - àthmos - "vapore" e σφαίρα - sphàira - "sfera") designa un fluido allo stato gassoso che avvolge un pianeta, una stella o più in generale un corpo celeste, le cui molecole sono trattenute dalla forza di gravità del corpo stesso.
Per le leggi della meccanica statistica e per l'irraggiamento solare, i gas costituenti una atmosfera planetaria subiscono una dispersione costante: a seconda della grandezza del pianeta in questione e della vicinanza alla stella intorno a cui eventualmente orbita, questo processo può assottigliare ed estinguere l'atmosfera del pianeta stesso in tempi più o meno rapidi, ma sempre nell'ordine dei milioni di anni. L'atmosfera viene rifornita di nuovi gas dalle eruzioni vulcaniche; quindi i pianeti geologicamente attivi tendono a mantenere più facilmente una atmosfera. Sui pianeti più lontani dal Sole, la bassa temperatura ed il minore irraggiamento non permettono alle molecole di sfuggire nello spazio. Il pianeta Mercurio invece, essendo di dimensioni ridotte e molto vicino al Sole, quindi con poca attrazione gravitazionale, presenta solo delle tracce di atmosfera; è l'unico pianeta del sistema solare che presenta questa caratteristica.
La presenza di ossigeno libero è prerogativa unica dell'atmosfera della Terra, mentre in tutte le altre atmosfere di pianeti del sistema solare studiate finora non se ne è trovata traccia. Un'atmosfera planetaria che contenga ossigeno gassoso in grosse quantità non è chimicamente in equilibrio: infatti l'ossigeno è un gas estremamente reattivo, che nel tempo si combina completamente con le rocce e gli altri composti della superficie, ossidandoli e sparendo dall'atmosfera. La sua presenza (e persistenza) sulla Terra è conseguenza della attività biologica di piante, che lo producono in grandi quantità come sottoprodotto della fotosintesi: per questo motivo si considera la presenza di ossigeno gassoso in quantità apprezzabili nell'atmosfera di un dato pianeta come indicatore della presenza di vita su di esso. Inoltre l'atmosfera ha una funzione di "filtro" perché permette alla luce e al calore del Sole di raggiungere il pianeta, ma impedisce che le radiazioni solari nocive alla vita arrivino in grandi quantità (raggi X o UV).
La Terra possiede un'atmosfera caratterizzata da una struttura piuttosto complessa e suddivisa in più strati, che in ordine di altezza sono: troposfera, stratosfera, mesosfera, ionosfera, esosfera; la sua composizione chimica media al suolo è la seguente:
- Azoto (N2): 78,08%
- Ossigeno (O2): 20,95%
- Argon (Ar): 0,93%
- Vapore acqueo (H2O): 0,33% in media (variabile da circa 0% a 5-6%)
- Biossido di carbonio (CO2): 0,032% (320 ppm)
- Neon (Ne): 0,00181% (18 ppm)
- Elio (He): 0,0005% (5 ppm)
- Metano (CH4): 0,0002% (2 ppm)
- Idrogeno (H2): 0,00005% (0,5 ppm)
- Kripton (Kr): 0,000011% (0,11 ppm)
- Xeno (Xe): 0,000008% (0,08 ppm)
- Ozono (O3): 0,000004% (0,04 ppm)

Sono anche presenti, in tracce, Ossidi di azoto (NO, NO2; N2O), Monossido di carbonio (CO), Ammoniaca (NH3), Biossido di zolfo (SO2), Solfuro di idrogeno (H2S).
Non tutti gli strati hanno le stesse concentrazioni di gas: ad esempio il vapore acqueo è presente quasi soltanto nella troposfera, lo strato più basso, ed è praticamente assente nella termosfera e nell'esosfera, che viceversa contengono quasi tutto l'elio e l'idrogeno. L'ozono è contenuto in massima parte nella stratosfera, in cui costituisce un importante strato.

2) GLI ECOSISTEMI

Un ecosistema è una porzione di biosfera delimitata naturalmente. Ogni ecosistema è costituito da una comunità (detta anche biocenosi) (componente biotica) e dall'ambiente fisico circostante, il geotopo (che fa parte di una ecoregione), (componente abiotica), con il quale si vengono a creare delle interazioni reciproche in equilibrio dinamico. Un ecosistema viene definito come un sistema aperto, con struttura e funzione caratteristica determinata da:

- flusso di energia
- circolazione di materia tra componente biotica e abiotica.

Nella quasi totalità degli ecosistemi il flusso di energia deriva dalla radiazione solare che, a differenza della materia, non è riciclabile ma, tuttavia, viene continuamente elargita dal sole. Una volta raggiunta la terra, una piccola parte di essa viene catturata ed utilizzata dagli organismi autotrofi fotosintetici per la trasformazione delle molecole inorganiche in sostanza organica.
Attraverso le reti alimentari, la materia inorganica viene poi utilizzata come fonte di energia dagli organismi eterotrofi, entrando così in circolo nell'ecosistema. Una tipica catena parte dalle sostanze chimiche inorganiche presenti nel terreno, nell'aria (anidride carbonica), acqua, e le trasforma per mezzo della fotosintesi clorofilliana in sostanze organiche (erba, piante alberi, alghe); i consumatori primari quindi se ne nutrono (erbivori, larve, molluschi) e saranno in seguito il cibo dei consumatori secondari (predatori vari, uccelli, pesci); alla loro morte i decompositori (batteri, funghi) smonteranno le sostanze organiche in elementi e composti inorganici che concimeranno il terreno ed entreranno di nuovo nel ciclo.
Vi sono, nella classificazione antropologica, due grandi tipologie di ecosistema:
Ecosistema generalizzato: è un ecosistema in cui si trova una grande complessità di specie animali e vegetali che vivono in simbiosi tra loro e il cui squilibrio può portare a gravi reazioni a catena.
Ecosistema specializzato: è un ecosistema che produce molto in termini agricoli ma impoverisce la terra (es. latifondo a monocoltura).
Da un altro punto di vista, si distinguono:

- Ecosistemi naturali che, una volta raggiunto l'equilibrio ecologico (climax) hanno una elevata produttività lorda e una produttività netta nulla;
- Ecosistemi artificiali, con una minore produttività lorda e con una produttività netta positiva (quelli agricoli) o negativa (quelli urbani).

Gli ecosistemi naturali sono importanti in particolar modo per le leggi fisiche che li caratterizzano nel tempo rispettando la nota legge di potenza, applicabile ai più svariati campi. Gli ecosistemi possono essere rappresentati come reti in due principali tipi:

- Rete egualitaria o punto a punto: in caso di attacco casuale si dimostra più fragile ma più resistente nell'attacco mirato.
- Rete elitaria con pochi nodi più interconnessi: più resistente nell'attacco casuale ma vulnerabile in quello mirato.

Un ecosistema si definisce fragile se a basso livello di biodiversità (animali,vegetali,ecc.) perchè più debole nei casi di condizioni estreme (intossicazione, introduzione di specie diverse più aggressive, ecc..) rispetto ad uno a più elevato livello di biodiversità ne favorisce più facilmente la sopravvivenza e la quantità di biomassa (vegetale, animale ecc.) che ne costituisce l'habitat.

3) ECOLOGIA DEL PAESAGGIO

L'ecologia del paesaggio (in inglese, "Landscape Ecology") è una scienza applicata, nata in origine come interfaccia tra geografia ed ecologia. Secondo tale approccio, il paesaggio è definibile come "sistema complesso di ecosistemi", in cui si integrano gli eventi della natura e le azioni della cultura umana.
Ogni tipologia di paesaggio può essere riferita ad un modello (pattern) di base. Tali pattern riguardano fondamentalmente gli aspetti strutturali, e possono assumere configurazioni semplici (patches, ecotopi, corridoi, matrici) o complesse (apparati, ecomosaici, tessuti paesistici). La patch, in particolare, rappresenta l’unità minima strutturale di un paesaggio; la forma della patch riflette il processo che l’ha creata o mantenuta: in genere forme regolari sono di natura antropica, al contrario le patches generate da processi ecodinamici sono di forma irregolare (Forman, 1986). Le aree di contatto tra patches differenti sono rappresentate dagli "ecotoni"; tali strutture condizionano molti processi ecologici quali la diversità biologica, il flusso e l’accumulo dei materiali e lo scambio di energia e la propagazione del disturbo. Secondo Odum (1959) gli ecotoni sono definiti come “Zone di transizione fra due o più comunità, con forma generalmente lineare, a volte anche di notevole sviluppo, ma tendenzialmente più sottile dell'area delle comunità confinanti”. Al livello gerarchicamente superiore si trova la matrice ambientale: essa è costituita dall’elemento - o dall’abbinamento di più elementi - maggiormente rappresentativo dell’ambito spaziale esaminato. Una delle caratteristiche fondamentali della matrice è il suo grado di porosità, ovvero il numero di interruzioni - patches, corridoi, ecc. - che sono presenti in essa. Individuare il grado di porosità di una matrice permette di effettuare, ad esempio, analisi per individuare il grado di connettività al suo interno e di poter, quindi, valutare e monitorare le trasformazioni urbane proposte da un piano o da un progetto. La parte funzionale del paesaggio è data dai flussi di materia ed energia che si scambiano al suo interno e all’esterno (flussi energetici e di informazione, flussi di materia, movimenti di specie, interazione tra ecotopi), e dai processi che avvengono grazie a questi flussi, allo scorrere del tempo e ai processi di scala superiore che condizionano le dinamiche a livello di paesaggio. Tali flussi sono fortemente condizionati dalle configurazioni paesistiche, un esempio emblematico sono le funzioni specifiche dei corridoi la cui forma privilegia gli spostamenti in senso longitudinale ed impedisce quelli in senso trasversale, oppure le funzioni delle macchie sulla stanzialità e la sosta il cui funzionamento dipende dal tipo biotico, dalla estensione, da fattori temporali e dalla matrice circostante.

venerdì 5 giugno 2009

L'origine della vita

Secondo le attuali teorie scientifiche, l'Universo e la vita sono parte del succedersi di eventi dovuti a cause esclusivamente naturali. In effetti, in scienza non si parla mai di "creazione dell'Universo", nozione che implica l'azione di un essere soprannaturale "creante", ma piuttosto di "origine dell'Universo". Lo studio dell'origine dell'Universo è uno degli argomenti di ricerca della cosmologia.
La scienza in quanto tale studia solo i fenomeni osservabili, mentre l'origine dell'Universo è, per definizione, un evento irripetibile non osservabile direttamente. Tutto ciò che non può essere osservato o riscontrato (direttamente o indirettamente) è, per definizione, estraneo al campo della ricerca scientifica. La capacità degli scienziati di analizzare eventi unici del passato remoto, come quello della creazione dell'universo, è limitata, perché questi non possono essere osservati direttamente e non sono ripetibili in laboratorio. La scienza può tuttavia misurare gli effetti di questi eventi (ad esempio la radiazione cosmica di microonde, il cosiddetto "eco del Big Bang") e interpretare queste osservazioni con degli strumenti scientifici.

Il Big Bang

L'estrapolazione dell'espansione dell'universo a ritroso nel tempo utilizzando la relatività generale conduce ad una condizione di densità e temperatura infinite che si è mantenuta in un tempo di durata infinitesima. Questa singolarità indica il punto in cui la relatività generale perde validità. Si può continuare con questa estrapolazione fino al tempo di Planck, che è il più piccolo intervallo di tempo misurabile con le attuali leggi fisiche. La fase iniziale calda e densa è denominata "Big Bang" ed è considerata la nascita dell'universo. In base alle misure dell'espansione riferite alle supernovae di tipo Ia, alle misure delle fluttuazioni di temperatura nella radiazione cosmica di fondo, e alle misure della funzione di correlazione delle galassie, l'universo ha un'età calcolata di 13,73 ± 0,12 miliardi di anni. Il risultato di queste tre misurazioni indipendenti è in accordo con il cosiddetto modello ΛCDM.
Sulle primissime fasi del Big Bang esistono molte speculazioni. Nei modelli più comuni, l'universo inizialmente era omogeneo, isotropo, con una densità energetica estremamente elevata, temperature e pressioni altissime e si stava espandendo e raffreddando molto rapidamente. All'incirca 10−37 secondi dopo l'istante iniziale, una transizione di fase causò un'inflazione cosmica, durante la quale l'universo aumentò le sue dimensioni esponenzialmente. Quando il processo di inflazione si fermò, il cosmo era formato da un plasma di quark e gluoni, oltre a tutte le altre particelle elementari. Le temperature erano così alte che il moto casuale delle particelle avveniva a velocità relativistiche e coppie particella-antiparticella di ogni tipo erano continuamente create e distrutte nelle collisioni. Ad un certo istante una reazione sconosciuta, chiamata bariogenesi, violò la conservazione del numero barionico, portando ad una leggera sovrabbondanza dei quark e dei leptoni sugli antiquark e sugli antileptoni (dell'ordine di 1 parte su 30 milioni). Questo processo potrebbe spiegare il predominio della materia sull'antimateria nell'universo attuale.
L'universo continuò ad espandersi e la sua temperatura continuò a diminuire, quindi l'energia tipica di ogni particella andò diminuendo. La rottura della simmetria della transizione di fase portò le quattro interazioni fondamentali della fisica e i parametri delle particelle elementari nella loro forma attuale. All'incirca dopo 10−11 secondi, il quadro d'insieme diventa meno speculativo, visto che le energie delle particelle diminuiscono fino a valori raggiungibili negli esperimenti di fisica delle particelle. Arrivati a 10−6 secondi, quark e gluoni si combinarono per formare barioni, come protoni e neutroni. La piccola differenza presente nel numero di quark e antiquark portò ad una sovrabbondanza dei barioni sugli antibarioni. La temperatura non era più sufficientemente alta per formare nuove coppie protoni-antiprotoni (e ugualmente per le coppie di neutroni-antineutroni), perciò seguì immediatamente una annichilazione di massa che lasciò soltanto uno ogni 1010 dei protoni e neutroni originali e nessuna delle loro antiparticelle. Un processo simile avvenne al tempo di un secondo per gli elettroni e i positroni. Dopo questi due tipi di annichilazione, i protoni, i neutroni e gli elettroni rimanenti non stavano più viaggiando a velocità relativistiche e la densità di energia del cosmo era dominata dai fotoni (con un contributo minore dovuto ai neutrini).
Qualche minuto dopo l'istante iniziale, quando la temperatura era all'incirca 109 kelvin (ovvero un miliardo di kelvin) e la densità paragonabile a quella dell'aria, i neutroni si combinarono con i protoni, formando i primi nuclei di deuterio e di elio in un processo chiamato nucleosintesi. La maggior parte dei protoni non si combinò e rimase sotto forma di nuclei di idrogeno. Quando l'universo si raffreddò, il contributo della densità energetica della massa a riposo della materia arrivò a dominare gravitazionalmente il contributo della densità di energia associata alla radiazione del fotone. Dopo circa 379 000 anni, gli elettroni e i vari nuclei si combinarono formando gli atomi (soprattutto idrogeno); a partire da questo istante, la radiazione si disaccoppiò dalla materia e continuò a vagare libera nello spazio. Questa radiazione fossile, che ancora oggi è visibile, è conosciuta come radiazione cosmica di fondo.
In un periodo di tempo molto lungo, le regioni leggermente più dense rispetto alla distribuzione uniforme di materia attrassero gravitazionalmente la materia circostante e crebbero, aumentando la loro densità, formando nubi di gas, stelle, galassie e le altre strutture astronomiche osservabili oggi. I dettagli di questo processo dipendono dalla quantità e dal tipo di materia presente nell'universo. I tre possibili tipi di materia conosciuti sono la materia oscura fredda, la materia oscura calda e la materia barionica. La miglior misura disponibile (fornita da WMAP) mostra che la forma di materia dominante nel cosmo è la materia oscura fredda. Gli altri due tipi formano insieme meno del 18% dell'intera materia dell'universo.
Dallo studio di alcune prove osservative, come le supernovae di tipo Ia e la radiazione cosmica di fondo, gli astrofisici ritengono che attualmente l'universo sia dominato da una misteriosa forma di energia, conosciuta come energia oscura, la quale apparentemente permea tutto lo spazio. Le osservazioni suggeriscono che circa il 72% di tutta la densità d'energia dell'universo attuale sia sotto questa forma. Quando il cosmo era più giovane, era permeato in ugual modo dall'energia oscura, ma la forza di gravità aveva il sopravvento e rallentava l'espansione, in quanto era presente meno spazio ed i vari oggetti astronomici erano più vicini tra loro. Dopo alcuni miliardi di anni, la crescente abbondanza dell'energia oscura causò un'accelerazione dell'espansione dell'universo. L'energia oscura, nella sua forma più semplice, prende la forma della costante cosmologica nelle equazioni di campo di Einstein della relatività generale, ma la sua composizione e il suo meccanismo sono sconosciuti e, più in generale, i particolari della sua equazione di stato e le relazioni con il Modello Standard della fisica delle particelle continuano ad essere studiati sia tramite osservazioni, sia dal punto di vista teorico.
Tutta l'evoluzione cosmica successiva all'epoca inflazionaria può essere descritta rigorosamente dal modello ΛCDM, il quale utilizza le strutture indipendenti della meccanica quantistica e della relatività generale. Come descritto in precedenza, non esiste ancora un modello ben supportato che descriva i fenomeni precedenti a 10−15 secondi. Per poter risalire a tali periodi di tempo è necessaria una nuova teoria unificata, definita gravità quantistica. La comprensione dei primissimi istanti della storia dell'universo è attualmente uno dei più grandi problemi irrisolti della fisica.

Gli elementi primordiali

A partire dal modello del Big Bang, è possibile calcolare la concentrazione di elio-4, elio-3, deuterio e litio-7 nell'universo in rapporto alla presenza totale di idrogeno ordinario. Tutte le loro abbondanze derivano da un singolo parametro, il rapporto tra fotoni e barioni, che può essere calcolato indipendentemente dalla struttura dettagliata delle fluttuazioni della radiazione di fondo. I rapporti delle masse previsti sono circa 0,25 per elio-4 rispetto a idrogeno, circa 10-3 per il deuterio rispetto all'idrogeno, circa 10-4 per elio-3 rispetto ad idrogeno e circa 10-9 per litio-7 rispetto all'idrogeno.
Le misure delle abbondanze primordiali di tutti e quattro gli isotopi elencati sopra sono coerenti con un unico valore del rapporto barione-fotone. Il valore per il deuterio è altamente consistente, vicino ma leggermente discrepante per elio-4 e discordante di un fattore 2 per litio-7; negli ultimi due casi la discordanza dei valori è causata da errori sistematici. La consistenza di questi dati con quelli previsti dalla teoria della nucleosintesi è una prova a favore della teoria del Big Bang. Finora è l'unica teoria conosciuta che riesca a spiegare l'abbondanza relativa degli elementi leggeri, in quanto è impossibile che il Big Bang possa aver prodotto più del 20–30% di elio. Infatti non vi è alcun motivo evidente al di fuori del Big Bang per cui il "giovane" universo (vale a dire prima della formazione delle stelle, secondo quanto stabilito dallo studio della materia presumibilmente libera dai prodotti della nucleosintesi stellare) dovesse avere più elio che deuterio o più deuterio di ³He.

Evoluzione e distribuzione galattica

Osservazioni dettagliate sulla morfologia e distribuzione delle galassie e dei quasar forniscono una prova convincente della teoria del Big Bang. La combinazione delle osservazioni e delle teorie suggerisce che i primi quasar e le prime galassie si formarono circa un miliardo di anni dopo il Big Bang e da allora si formarono le strutture più grandi, come gli ammassi e i superammassi galattici. Le popolazioni stellari si sono evolute nel tempo, perciò le galassie più distanti (che vengono osservate così come erano nel giovane universo) appaiono molto diverse dalle galassie a noi più vicine, in quanto queste ultime sono osservate in uno stato più recente. Inoltre, le galassie che si sono formate in periodi relativamente recenti appaiono decisamente diverse rispetto a quelle che si formarono ad una distanza simile, ma subito dopo il Big Bang. Queste osservazioni sono portate come prove contro il modello dello stato stazionario. Le osservazioni della formazione stellare, della distribuzione di galassie e quasar e le strutture a larga scala sono in accordo con le previsioni del Big Bang (per quel che riguarda la formazione di queste strutture nell'universo) e stanno contribuendo a completare tutti i dettagli della teoria.

Origine della vita

Nelle scienze della Natura, l'abiogenesi (dal greco a-bio-genesis, "origini non biologiche"), è lo studio dell'origine della vita, ovvero di come la vita sia comparsa e si sia sviluppata sulla Terra e, ipoteticamente, in altri luoghi dell'universo conosciuto, a partire dal big bang (datato 13,7 miliardi di anni fa) fino ai giorni nostri.
L'origine della vita sulla Terra è databile entro un periodo compreso tra i 4,4 miliardi di anni fa, quando l'acqua allo stato liquido comparve sulla superficie terrestre, e i 2,7 miliardi di anni fa quando la prima incontrovertibile evidenza della vita è verificata da isotopi stabili e biomarcatori molecolari che mostrano l'attività di fotosintesi.
Il concetto di origine della vita è stato trattato fin dall'antichità nell'ambito di diverse religioni e nella filosofia; con lo svilupparsi di modelli scientifici che spesso contrastano con quanto affermato dalle religioni, l'origine della vita è diventato tema di dibattito tra scienza e fede.
Dal punto di vista scientifico, la spiegazione dell'origine della vita parte dal presupposto fondamentale che le prime forme viventi si originarono da materiale non vivente, attraverso reazioni che, attualmente, non sono più in atto sul nostro pianeta.L'interrogativo su come si originò la vita sulla Terra si pose soprattutto in seguito allo sviluppo della teoria dell'evoluzione per selezione naturale, elaborata da A.R. Wallace e Darwin nel 1858, la quale suggeriva che tutte le forme di vita sono legate da relazioni di discendenza comune, attraverso ramificati alberi filogenetici che riconducono ad un unico progenitore, estremamente "semplice" dal punto di vista biologico.Il problema era capire come si originò questa semplice forma primordiale, presumibilmente una cellula molto simile agli attuali procarioti, contenente l'informazione genetica, conservata negli acidi nuclei, oltre a proteine e altre biomolecole indispensabili alla propria sopravvivenza e riproduzione.
Il processo evolutivo che ha portato alla formazione di un sistema complesso e organizzato (ovvero il primo essere vivente) a partire dal mondo prebiotico è durato centinaia di milioni d'anni, ed è avvenuto attraverso tappe successive di eventi che, dopo un numero elevato di tentativi e grazie all'intervento della selezione naturale, hanno portato a sistemi progressivamente più complessi.La prima tappa fondamentale è stata la produzione di semplici molecole organiche, come amminoacidi e nucleotidi, che costituiscono "i mattoni della vita". Gli esperimenti di S. Miller ed altri hanno dimostrato che quest'evento era realizzabile nelle condizioni chimico-fisiche della Terra primordiale, caratterizzata da un'atmosfera riducente. Inoltre, il ritrovamento di molecole organiche nello spazio, all'interno di nebulose e meteoriti, ha dimostrato che queste reazioni sono avvenute anche in altri luoghi dell'universo, tanto che alcuni scienziati ritengono che le prime biomolecole siano state trasportate sulla Terra per mezzo di meteoriti.La questione più difficile è spiegare come, da questi semplici composti organici, concentrati nei mari in un brodo primordiale, poterono formarsi delle cellule dotate dei requisiti minimi essenziali per poter essere considerate viventi, cioè la capacità di utilizzare materiali presenti nell'ambiente per mantenere la propria struttura, accrescersi e riprodursi, trasferendo la propria informazione ai discendenti, oltre alla proprietà di potersi modificare e quindi evolvere.
Molti scienziati hanno cercato di chiarire, attraverso ipotesi ed esperimenti, le tappe fondamentali che hanno condotto alla vita, tra cui l'origine dei primi polimeri biologici e, tra questi, di una molecola capace di produrre copie di se stessa, il "replicatore", dal quale derivano i nostri geni, e la formazione delle prime membrane biologiche, che hanno creato dei compartimenti isolati dall'ambiente esterno, nei quali si sono evoluti i primi sistemi di reazioni e le prime vie metaboliche catalizzate da enzimi.Nonostante ciò, la ricostruzione della storia della vita presenta ancora molti interrogativi, concernenti soprattutto la successione degli eventi. I progressi in questo campo di ricerca sono ostacolati dalla carenza di reperti fossili e dalla difficoltà di riprodurre questi processi in laboratorio.

Atomi e molecole

L'ATOMO

L'atomo (dal greco ἄτομος - àtomos -, indivisibile, unione di ἄ - a - [alfa privativo] + τομή - tomé - [divisione], così chiamato perché inizialmente considerato l'unita più piccola ed indivisibile della materia, risalente alla dottrina dei filosofi greci Leucippo, Democrito ed Epicuro, detta atomismo) è la più piccola parte di ogni elemento esistente in natura che ne conserva le caratteristiche chimiche.
Verso la fine dell'Ottocento (con la scoperta dell'elettrone) fu dimostrato che l'atomo non era indivisibile, bensì a sua volta composto da particelle più piccole (alle quali ci si riferisce con il termine "subatomiche"). In particolare, l'atomo è composto da un nucleo carico positivamente e da un certo numero di elettroni, carichi negativamente, che gli ruotano attorno senza un'orbita precisa (l'elettrone si dice quindi "delocalizzato"), nei cosiddetti "gusci elettronici". Il nucleo è composto da protoni, che sono particelle cariche positivamente e da neutroni, che sono particelle prive di carica: protoni e neutroni sono detti nucleoni. In proporzione, se il nucleo atomico fosse grande quanto una mela, gli elettroni gli ruoterebbero attorno ad una distanza pari a circa un chilometro; un nucleone ha massa quasi 1800 volte superiore a quella di un elettrone.

Si definiscono due quantità per identificare ogni atomo:

- Numero di massa (A): la somma del numero di neutroni e protoni nel nucleo
- Numero atomico (Z): il numero dei protoni nel nucleo, che corrisponde al numero di elettroni esterni ad esso.

Per ricavare il numero dei neutroni si sottrae al numero di massa il numero atomico
Esiste una grandezza che ne quantifica la massa, definita peso atomico (più correttamente "massa atomica"), espresso nel SI in unità di massa atomica (o uma), dove una unità di massa atomica equivale alla dodicesima parte della massa di un atomo di carbonio-12 (12C). Il numero degli elettroni che ruotano attorno al nucleo è uguale al numero dei protoni nel nucleo: essendo le predette cariche di valore assoluto uguale, un atomo è normalmente elettricamente neutro e pertanto la materia è normalmente elettricamente neutra. Tuttavia esistono atomi che perdono o acquistano elettroni, ad esempio in virtù di una reazione chimica: la specie che ne deriva si chiama ione; gli ioni possono essere quindi di carica positiva o negativa.
Gli atomi aventi lo stesso numero atomico hanno le stesse proprietà chimiche: si è dunque convenuto a definirli appartenenti allo stesso elemento.
Due atomi possono differire anche nell'avere numero atomico uguale ma diverso numero di massa: simili atomi sono detti isotopi ed hanno medesime proprietà chimiche. Ad esempio l'atomo di idrogeno ha più isotopi: in natura infatti esso è presente in grande maggioranza come 1H (formato da un protone ed un elettrone) e in minore quantità da 2H (o deuterio, che è formato da un protone, un neutrone ed un elettrone) e 3H (o trizio, estremamente raro, formato da un protone, due neutroni ed un elettrone). Dal punto di vista chimico, idrogeno, deuterio e trizio presentano identiche proprietà.

LA MOLECOLA

Si definisce molecola(dal latino scientifico "molecula", derivato a sua volta da "moles": mole, "piccola quantità") il più piccolo insieme di atomi aggregati da legami chimici, capace di esistenza allo stato libero e tale da mantenere tutte le proprietà chimiche della sostanza considerata (elemento o composto non ionico). Può essere monoatomica, cioè costituita da un solo atomo (è il caso dei cosiddetti gas nobili elio, argon, xeno, neon e metalli), o poliatomica, cioè costituita da più atomi, uguali (omoatomica) o diversi (eteroatomica).
Una molecola poliatomica è elettricamente neutra ed è formata da atomi uniti da legami covalenti; a causa di ciò, i rapporti tra i numeri degli atomi degli elementi che la costituiscono sono espressi da numeri interi. La formula bruta di un composto molecolare altro non è che l'elenco degli elementi che formano la molecola e dell'abbondanza relativa di ognuno di essi. Molecole costituite dagli stessi atomi, ma disposti nello spazio in maniera diversa sono dette isomeri.
La forma di una molecola, ossia le lunghezze e il numero dei legami tra un atomo e l'altro, l'angolo formato da due legami appartenenti allo stesso atomo ed, in generale, la disposizione della molecola nello spazio, sono regolate dalle leggi della meccanica quantistica.Dalla struttura della molecola dipendono la reattività della molecola stessa e le proprietà fisiche della sostanza.
Una molecola è polare quando il centro della carica positiva (dovuta alla disposizione dei nuclei degli atomi) non coincide con il centro della carica negativa (dovuta alla disposizione degli elettroni della molecola); questo rende la molecola un dipolo elettrico, la cui intensità è indicata dal corrispondente momento dipolare. Le molecole polari tendono ad attrarsi vicendevolmente ed a circondare gli ioni dei composti ionici. L'esempio più comune di molecola polare è l'acqua, da qui il fatto che le sostanze polari vengano anche chiamate idrofile.
Una molecola è apolare quando i centri delle cariche elettriche positiva e negativa coincidono. I composti apolari non hanno cariche elettriche superficiali, quindi non si mischiano alle sostanze polari né si sciolgono in esse, da qui il nome di sostanze idrofobe. Esempi comuni di sostanze apolari sono gli oli o gli idrocarburi.
Molte sostanze comuni sono composte da molecole (l'acqua, lo zucchero da tavola, i gas che costituiscono l'aria), mentre altre sostanze altrettanto comuni non lo sono (il sale ed i metalli, per esempio).
L'insieme di 6,0221415 · 1023 (Numero di Avogadro) molecole di un composto rappresenta una mole del composto stesso. Il suo peso in grammi coincide con il peso molecolare espresso in unità di massa atomiche.

Composto organico

Viene attualmente definito composto organico qualsiasi composto del carbonio in cui questi abbia numero di ossidazione inferiore a +4. Sono pertanto esclusi il biossido di carbonio, l'acido carbonico e i suoi sali, ovvero i bicarbonati e i carbonati. Il monossido di carbonio, benché abbia un carbonio con numero di ossidazione inferiore a +4 e quindi sia incluso nella definizione, è comunque considerato un composto inorganico.
L'aggettivo "organico" ha origini storiche; anticamente si pensava infatti che le sostanze estratte da tessuti provenienti da organismi viventi, vegetali o animali, possedessero proprietà peculiari derivanti proprio dalla loro origine "organica" e che quindi non potessero essere sintetizzate o che i loro equivalenti sintetici fossero diversi per la mancanza di queste particolari proprietà. La sintesi in laboratorio dell'urea e la constatazione che l'urea sintetica ha le medesime proprietà chimico-fisiche di quella estratta dall'urina fecero cadere questo assunto e portarono alla definizione di "composto organico" attualmente in uso.
In generale i composti organici sono costituiti da uno scheletro di carbonio e idrogeno legante qualche eteroatomo che può essere: ossigeno, azoto, zolfo, fosforo, silicio.Nelle strutture di questi composti si trovano dei gruppi ricorrenti di atomi e legami che conferiscono alla molecola proprietà e reattività tipiche. Tali gruppi vengono detti gruppi funzionali e i composti vengono suddivisi in classi a seconda del gruppo o dei gruppi che la molecola presenta. Questo tipo di suddivisione prende il nome di sistematica organica.

I legami chimici

Si ha un legame chimico quando una forza di natura elettrostatica tiene uniti più atomi in una molecola o in un cristallo (legami forti, o intramolecolari) o più molecole in una sostanza allo stato condensato (legami deboli, o intermolecolari). La natura del legame chimico si può spiegare facilmente osservando le forze coulombiane interagenti tra le molecole. Prendiamo ad esempio il catione H2+: esso è costituito da due nuclei di H e da un elettrone. Indichiamo con Ha il primo nucleo di idrogeno e con Hb l'altro nucleo di idrogeno. A ciascuno dei due nuclei è associata una funzione d'onda elettronica, rispettivamente 1sa e 1sb, la cui combinazione lineare forma l'orbitale molecolare Ψ.
Ψ avrà valori bassi tra i due nuclei, mentre crescerà avvicinandosi ad essi e poi decrescerà allontanandosi nuovamente da essi. Quindi se si considera un elettrone, ovvero una carica negativa posta tra i due nuclei, esso sarà sottoposto a forze attrattive da parte dei due nuclei che saranno controbilanciate da quelle repulsive fino a quando non si sarà raggiunta la stabilità del sistema; quindi l'elettrone sarà caduto in una buca di potenziale dalla quale gli sarà difficile uscire. In tal modo si è formato un legame chimico.

I legami forti sono generalmente classificati in tre classi, in ordine di polarità crescente:

Il legame covalente (in generale) è il legame che si instaura tra due atomi non metalli (uguali o aventi differenza di elettronegatività - scala di Pauling - compresa tra 0 e 0,3) che mettono in compartecipazione una coppia di elettroni (detti coppia di legame) in un orbitale esterno che abbraccia entrambi gli atomi. [Il legame covalente viene rappresentato da un trattino che congiunge i due atomi legati.] Un legame covalente puro ( o omeopolare) è un legame covalente che s'instaura fra due atomi appartenenti allo stesso elemento. Essendo la nube elettronica distribuita simmetricamente, il legame risulta non polarizzato.
I legami covalenti che si formano fra due atomi che condividono due coppie di elettroni prendono il nome di doppio legame. I legami covalenti che si formano fra due atomi che condividono tre coppie di elettroni prendono il nome di triplo legame. Per constatare il numero di legami covalenti formatisi fra due atomi bisogna conoscere la valenza dell'atomo degli elementi considerati e dopo aver fatto questo scoprire quanti elettroni gli mancano per essere stabili (regola dell'ottetto ).

Il legame covalente polare si instaura tra due atomi con differenza di elettronegatività compresa tra 0,4 e 1,9. In questo caso, gli elettroni coinvolti nel legame risulteranno maggiormente attratti dall'atomo più elettronegativo, il legame risulterà quindi polarizzato elettricamente, cioè ognuno degli atomi coinvolti nel legame presenterà una carica elettrica parziale. Quando una molecola è tenuta coesa da soli legami covalenti puri o possiede una simmetria tale da annullare reciprocamente le polarità dei suoi legami covalenti risulterà complessivamente apolare. Invece una molecola costituita da due atomi legati fra loro da un legame covalente polare è polare( o dipolo elettrico); ciò non significa, in genere, però che la molecola abbia una carica elettrica perché nella sua totalità essa è elettricamente neutra. Si può prevedere facilmente la struttura polare di una molecola nel caso essa sia biatomica.

Il legame ionico è un legame tra ioni di segno opposto. Tali ioni si formano da atomi aventi differenza di elettronegatività superiore al limite convenzionale di 1,9: in queste condizioni, l'atomo più elettronegativo priva l'altro di un elettrone, il primo atomo diventa uno ione con carica negativa, il secondo uno ione con carica positiva.
Questo legame è di natura prettamente elettrostatica; l'arrangiamento degli atomi nello spazio non ha la direzionalità del legame covalente: il campo elettrico generato da ciascuno ione si diffonde simmetricamente nello spazio attorno ad esso.

Legami chimici deboli

I dipoli molecolari possono originare delle forze di attrazione intermolecolari.
I legami intermolecolari sono essenzialmente costituiti dalla reciproca attrazione tra dipoli statici - è il caso delle molecole polari - o tra dipoli ed ioni - è il caso, ad esempio, di un sale che si scioglie in acqua.
Nel caso dei gas nobili o di composti formati da molecole apolari la possibilità di liquefare viene spiegata tramite la formazione casuale di un dipolo temporaneo quando gli elettroni, nel loro orbitare, si trovino casualmente concentrati su un lato della molecola; tale dipolo induce nelle molecole vicine a sé uno squilibrio di carica elettrica (il cosiddetto dipolo indotto) che genera reciproca attrazione e provoca la condensazione del gas. Il legame viene quindi prodotto da queste particolari forze di attrazione dette forze di dispersione o di Van der Waals.
Un caso particolare di legame intermolecolare, che può anche essere intramolecolare quando la geometria della molecola lo consente, è il legame idrogeno.Un atomo di idrogeno legato ad un atomo di ossigeno (o di fluoro), a causa della sua polarizzazione positiva e delle sue ridotte dimensioni, attrae con un'intensità relativamente elevata gli atomi di ossigeno (e di fluoro e, in misura minore, di azoto) vicini.Tale legame, benché debole, è responsabile della conformazione spaziale delle proteine e degli acidi nucleici, conformazione da cui dipende l'attività biologica dei composti stessi.

L'energia

L'energia è definita come la capacità di un corpo o di un sistema di compiere lavoro. Dal punto di vista strettamente termodinamico l'energia è definita come tutto ciò che può essere trasformato in calore a bassa temperatura. L'unità di misura derivata del Sistema Internazionale per l'energia e il lavoro è il joule (simbolo: J), chiamata così in onore del fisico inglese James Prescott Joule e dei suoi esperimenti sull'equivalente meccanico del calore. 1 joule esprime l'energia usata (o il lavoro effettuato) per esercitare una forza di un newton per una distanza di un metro. 1 joule equivale quindi a 1 newton metro, e in termini di unità base SI, 1 J è pari a 1 kg × m2 × s-2 (in unità CGS l'unità base è l'erg 1 g × cm2 × s-2).

Dal punto di vista della fisica ogni sistema contiene, o "immagazzina", o è costituito da un determinato quantitativo di una proprietà scalare continua chiamata energia (con l'eccezione dei sistemi quantistici, dove un sistema può esistere solo su livelli energetici discreti). Per determinare la quantità di energia di un sistema si deve tenere conto delle diverse forme nelle quali l'energia si presenta entro un sistema (si veda Forme di energia per l'elenco delle forme di energia). Non esiste una maniera univoca di visualizzare l'energia. Può essere pensata come una grandezza matematica che caratterizza un sistema, utile per fare delle previsioni, ad esempio sulle strutture stabili del sistema (minimi energetici), moti possibili, ecc.
Il primo tipo di previsioni che l'energia permette di fare, sono legate a quanto lavoro un sistema è in grado di compiere. Svolgere un lavoro richiede energia, e quindi la quantità di energia presente in un sistema limita la quantità massima di lavoro che il sistema può svolgere. Nel caso unidimensionale, l'applicazione di una forza per una distanza richiede un'energia pari al prodotto del modulo della forza per lo spostamento.
Si noti, comunque, che non tutta l'energia di un sistema è immagazzinata in forma utilizzabile; quindi, in pratica, la quantità di energia di un sistema, disponibile per produrre lavoro, può essere molto meno di quella totale del sistema.
L'energia permette anche di fare altre previsioni. Infatti, grazie alla legge di conservazione dell'energia valida per sistemi chiusi, si può determinare lo stato cinetico di un sistema sottoposto ad una sollecitazione quantificabile. Questa e altre leggi, applicate all'universo nel suo intero, affermano che l'energia non si crea e non si distrugge, bensì si trasforma e si degrada (vedi i principi della termodinamica).
La celebre equazione di Einstein E = mc2, diretta derivazione della teoria della relatività ristretta, mostra come in realtà massa ed energia siano due "facce della stessa medaglia" di un sistema fisico. Da questa semplice equazione si evince infatti che la massa può essere trasformata in energia, e viceversa.

Forme di energia

L'energia esiste in varie forme, ognuna delle quali possiede una propria equazione dell'energia. Le principali forme di energia (non tutte fondamentali) sono:

- Energia meccanica, definita classicamente come somma di potenziale e cinetica;
- Energia cinetica;
- Energia potenziale ;
- Energia potenziale gravitazionale;
- Energia chimica;
- Energia nucleare;
- Energia libera;
- Energia elettromagnetica, definita come somma di energia elettrica e magnetica

L'energia elettromagnetica di un'onda elettromagnetica è chiamata anche energia raggiante o radiante, e nel caso della luce, energia luminosa;

- Energia di massa;
- Energia elastica

L'acqua

L'acqua è un composto chimico di formula molecolare H2O. In condizioni di temperatura e pressione normali si presenta come un liquido incolore e insapore; il suo punto di fusione è a 0 °C (273,15 K), mentre il suo punto di ebollizione è a 100 °C (373,15 K).
L'acqua è un ottimo solvente, per cui le acque naturali contengono disciolte moltissime altre sostanze.
L'acqua in natura è tra i principali costituenti degli ecosistemi ed è alla base di tutte le forme di vita conosciute, uomo compreso; la stessa origine della vita è dovuta alla presenza di acqua nel nostro pianeta.

L'importanza biologica dell'acqua

L'acqua è un componente fondamentale per gli organismi vegetali e animali. Essa si trova in elevate percentuali nelle cellule (in particolare nel citoplasma e nei vacuoli), dove viene convogliata attraverso il processo detto di "pinocitosi". Nel corpo umano, l'acqua è presente in percentuali variabili a seconda dell'età. I liquidi corporei che hanno il maggiore contenuto di acqua sono il liquido cerebrale (99%), il midollo osseo (99%) e il plasma sanguigno (85%).
Proprio perché l'acqua è presente in quantità molto elevate viene classificata come "macronutriente".

Forme fisiche dell'acqua

L'acqua assume più forme in natura. Allo stato solido è nota come ghiaccio, allo stato aeriforme è nota come vapore acqueo. Sono note anche altre due forme solide, quella del ghiaccio vetroso e quella del solido amorfo, non cristallino, simile al vetro. A pressioni estreme il ghiaccio può assumere diversi stati solidi, numerati con numeri romani.
Il ghiaccio e la neve con cui abbiamo a che fare normalmente presentano una struttura cristallina esagonale (ghiaccio Ih). Solo leggermente meno stabile (metastabile) della forma esagonale è quella cubica (ghiaccio Ic). Raffreddando il ghiaccio Ih si ha la formazione di una diversa configurazione, la forma XI, nella quale i protoni presentano una elevata mobilità.
A diverse temperature e pressioni possono esistere ulteriori tipi di ghiaccio, che possono essere identificati nel diagramma di fase del ghiaccio. Questi sono II, III, V, VI, VII, VIII, IX, e X. Il passaggio da un ghiaccio all'altro avviene attraverso una transizione isotermica, essendo delle transizioni di fase. Sotto opportune condizioni, tutti questi tipi possono esistere anche a temperatura ambiente. I vari tipi di ghiaccio differiscono per la loro struttura cristallina, ordinamento e densità. Ci sono due fasi metastabili del ghiaccio: la IV e la XII. Il ghiaccio XII venne scoperto nel 1996. Nel 2006 sono state scoperte le forme XIII e XIV.
Oltre alle forme cristalline, l'acqua può esistere in stati amorfi: acqua solida amorfa, ghiaccio amorfo a bassa densità, ghiaccio amorfo ad alta densità, ghiaccio amorfo ad altissima densità e acqua vetrosa sottoraffreddata.
Esistono anche molecole d'acqua costituite da isotopi dell'idrogeno al posto del normale prozio (11H), che trovano impiego principalmente in ambito nucleare.
L'acqua pesante (D2O o 21H2O) è un'acqua in cui gli atomi di idrogeno sono sostituiti da atomi di deuterio, isotopo dell'idrogeno avente peso atomico 2 uma. Il suo comportamento chimico è sostanzialmente uguale a quello dell'acqua; trova applicazione in quanto è un moderatore meno efficace dell'acqua comune (idrogeno + ossigeno) dei neutroni emessi dalla fissione nucleare. In campo nucleare quindi l'acqua comune viene definita anche come acqua leggera.
Esiste anche un'altra forma meno stabile, chiamata acqua superpesante (T2O o 31H2O), in cui al posto degli atomi di idrogeno sono presenti atomi di trizio, isotopo dell'idrogeno avente peso atomico 3 uma.

I vari stati dell'acqua

L'acqua è una delle poche sostanze esistenti (insieme a gallio, bismuto e antimonio) in cui il processo di solidificazione avviene con un aumento di volume specifico pari a circa 0,09 l/kg (alla temperatura di 0 °C e alla pressione di 1 atm). Ciò comporta che alla diminuzione della temperatura, la pressione di passaggio di stato solido-liquido aumenti sensibilmente: si ha una pendenza negativa della linea di passaggio solido-liquido nel diagramma pressione-temperatura. In particolare, per ogni centesimo di grado Celsius (0,01 °C) di diminuzione della temperatura si ha un aumento della pressione di fusione di circa una atmosfera. Questa relazione è verificata fino alla pressione di 2070 atm e alla temperatura di -22 °C, oltre la quale si hanno altri stati allotropici.
In condizioni normali (a pressione di 1 atm) l'acqua vaporizza alla temperatura di 100 °C. Come per tutte le altre sostanze, nella trasformazione è necessario fornire una certa quantità di calore detto calore latente, che nel caso dell'acqua è più elevato di ogni altra sostanza nota: a condizioni di 0 °C e di una atmosfera questo calore di vaporizzazione è infatti pari a 2501 kJ/kg.

Propietà fisiche

L'acqua allo stato liquido presenta diverse anomalie:

- punto di ebollizione molto alto;
- volume molare piuttosto basso;
- calore specifico elevato con un minimo a 35 °C;
- viscosità che presenta un minimo alle alte pressioni;
- notevole aumento di volume nel congelamento;
- un massimo della massa volumica che indica la presenza, al di sotto della corrispondente temperatura, di uno stato liquido che in modo anomalo all'aumentare della temperatura si contrae.

Per spiegare queste anomalie si tende ad ammettere che l'organizzazione cristallina, dovuta nel ghiaccio ai legami idrogeno, sussista ancora nell'acqua liquida, costituendo un edificio macromolecolare lacunare con legami interni mobili che diminuiscono di numero all'aumentare delle temperature e che formano un insieme di agglomerati polimerici a grappolo in equilibrio dinamico, e di molecole libere o legate in catene o in anelli.
A differenza della maggior parte delle altre sostanze, per le quali la forma solida è più densa di quella liquida, il ghiaccio è meno denso dell'acqua liquida. La densità dell'acqua è infatti massima a 4 °C. Ciò è dovuto al fatto che il volume molare dell'acqua aumenta all'abbassarsi della temperatura, con conseguente diminuzione della densità, e galleggiamento per spinta di Archimede.
Questa insolita espansione dell'acqua a basse temperature costituisce un vantaggio importante per tutte le creature che vivono in ambienti di acqua dolce d'inverno. L'acqua, raffreddandosi in superficie, aumenta di densità e scende verso il fondo innescando correnti convettive che raffreddano uniformemente l'intero bacino. Quando la temperatura in superficie scende sotto i 4 °C questo processo si arresta, e per la spinta di Archimede l'acqua più fredda rimane in superficie, dove, con un ulteriore calo della temperatura, forma uno strato di ghiaccio. Se l'acqua non avesse questa particolarità, i laghi ghiaccerebbero interamente, e di conseguenza tutte le forme di vita presenti morirebbero. La situazione nelle acque marine è in qualche modo differente. Il sale contenuto nell'acqua abbassa sia il punto di congelamento dell'acqua di circa 2 °C, (per il fenomeno dell'abbassamento crioscopico) sia la temperatura cui l'acqua raggiunge la sua massima densità fino a circa 0 °C. Quindi nelle acque oceaniche i moti convettivi che portano verso il fondo l'acqua più fredda non sono bloccati dal gradiente di densità, come avviene nelle acque dolci. Le creature che vivono sul fondo degli oceani artici sono adattate a vivere a temperature prossime a 0 °C.
Alla normale salinità dell'acqua di mare, l'acqua congela a circa −1,9 °C. Il ghiaccio che si forma è sostanzialmente privo di sale ed ha densità paragonabile a quella del ghiaccio di acqua dolce. Questo ghiaccio galleggia sulla superficie, mentre il sale che ne è stato "espulso" va ad aumentare salinità e densità dell'acqua vicina, la quale scende per convezione verso il fondo.
Le condizioni di temperatura e pressione in cui le fasi solida, liquida e gassosa di una sostanza esistono contemporaneamente in equilibrio tra loro è detta punto triplo. Per l'acqua il punto triplo viene usato come riferimento di temperatura, avendo fissato per convenzione che questi è a 273,16 K (ossia 0,01 °C); la pressione al punto triplo dell'acqua è di 611,2 Pa, valore molto basso, se si considera che al livello del mare la pressione atmosferica vale mediamente 101.300 Pa.
L'acqua possiede un'elevata tensione superficiale, osservabile tramite la formazione di gocce, proprietà anch'essa importante per la vita. Un esempio è il trasporto dell'acqua negli xilemi degli steli delle piante; la tensione superficiale mantiene la colonna d'acqua unita e forze adesive mantengono l'acqua aderente allo xilema. Colonne altrettanto alte e sottili di liquidi meno coesi e meno aderenti andrebbero a spezzarsi formando sacche d'aria o di vapore, rendendo inefficiente fino all'impossibilità il trasporto del liquido attraverso lo xilema.
L'acqua pura è un buon isolante elettrico (cioè un cattivo conduttore). Ma, essendo anche un buon solvente, spesso reca in sé tracce di sali disciolti in essa, che, con i loro ioni la rendono un buon conduttore di elettricità.
In teoria il pH dell'acqua pura a 25 °C è 7. In pratica, date le sue buone capacità solventi, l'acqua pura è difficile da trovare in natura. Per semplice esposizione all'aria, l'acqua ne dissolve l'anidride carbonica, formando una soluzione molto diluita di acido carbonico che può arrivare fino ad un valore di pH 5,7. Similmente si comportano le gocce di pioggia, che presentano sempre una seppur minima acidità. La presenza di ossidi di zolfo o di azoto nell'atmosfera, tramite la loro dissoluzione nelle gocce di pioggia, porta a piogge acide aventi valori di pH ben inferiori (3,5÷2,5), i cui effetti sull'ambiente sono ben più seri. Il pH dell'acqua di mare è tra 7,7 e 8,3.

La natura dipolare dell'acqua

Un'importante caratteristica dell'acqua è data dalla polarità della sua molecola, con momento di dipolo molecolare pari a 1,84 D. La molecola dell'acqua forma un angolo di 104,45° con l'atomo di ossigeno al vertice e i due atomi di idrogeno alle due estremità. Dato che l'ossigeno ha una elettronegatività maggiore, il vertice della molecola ospita una parziale carica elettrica negativa (δ-), mentre le estremità recano una parziale carica elettrica positiva (δ+). Una molecola che presenta questo squilibrio di cariche elettriche è detta essere un dipolo elettrico. Le cariche fanno sì che le molecole vengano attratte reciprocamente l'una dall'altra. Questa attrazione nell'acqua è particolarmente intensa, prende il nome di legame idrogeno (o H-bond) e spiega molte delle proprietà fisiche tipiche dell'acqua, benché il legame idrogeno sia molto più debole dei legami covalenti interni alla molecola stessa.
La presenza del legame idrogeno spiega ad esempio i relativamente alti punto di fusione e punto di ebollizione: è infatti richiesta una maggiore energia (rispetto a sostanze meno polari) per rompere i legami idrogeno che tengono unite le molecole le une alle altre. L'acido solfidrico, H2S, simile per geometria ma incapace di formare legami idrogeno, è un gas a temperatura ambiente, pur avendo un peso molecolare quasi doppio rispetto all'acqua. Sempre al legame idrogeno è da attribuire l'elevata capacità termica specifica.
Il legame idrogeno spiega anche l'insolito comportamento dell'acqua quando questa congela: a causa di questo legame, quando la temperatura si abbassa fino al punto di congelamento, le molecole di acqua si organizzano in una struttura cristallina dalla simmetria esagonale tipica del ghiaccio, che risulta essere meno densa dell'acqua liquida.
Il fatto che il ghiaccio sia meno denso dell'acqua liquida porta con sé una curiosa conseguenza: il ghiaccio può essere fuso anche tramite l'applicazione di una adeguata pressione. Tale pressione risulta essere piuttosto elevata, si pensi per confronto che la pressione esercitata da un pattinatore abbassa il punto di fusione del ghiaccio su cui si trova di circa 0,09 °C.
Allo stato solido ogni molecola di acqua si lega con altre quattro mediante legami idrogeno in una configurazione tetraedrica, dando luogo ad una conformazione tridimensionale a strati costituiti di anelli esagonali.
Allo stato liquido la continua formazione e rottura di legami idrogeno dà luogo ad aggregati fluttuanti (chiamati "domini") molto estesi (dell'ordine di decine di molecole), dovuti al fatto che la formazione di un H-bond fra due molecole induce la formazione di un altro H-bond in una sorta di reazione a catena. Ogni dominio ha una struttura simile a quella del ghiaccio; mediamente ogni molecola di acqua è circondata da altre 4,7 molecole e la distanza fra due atomi di ossigeno di molecole attigue è di circa 3 Å, rendendo così molto influenti le interazioni a corto range. L’esistenza di questi domini impartisce all’acqua un elevato grado di strutturazione, che ne determina molte caratteristiche peculiari.
La durata della vita media di un dominio è un argomento molto controverso ed oggetto di dibattito; tralasciando le più o meno recenti polemiche sulla cosiddetta "memoria dell’acqua", la vita media di un dominio è comunemente ritenuta essere dell’ordine di 0,1 ns, ma esistono teorie ed evidenze sperimentali secondo cui potrebbe essere molto più lunga, cioè di alcuni secondi o anche più; secondo altre ricerche, invece, sarebbe assai più breve, dell’ordine dei 50 fs. Si è recentemente appurato, inoltre, che i processi di rilassamento nell’acqua avvengono seguendo diverse scale temporali; ciò vuol dire che coesistono aggregati molecolari diversi, ognuno con la propria struttura, che danno luogo ad un quadro estremamente complesso.
Le macromolecole biologiche e le strutture sopramolecolari interagiscono con le molecole di acqua vicine (acqua di idratazione), modificandone alcune caratteristiche e subendo a loro volta modifiche nelle proprie caratteristiche. Le molecole di acqua dello strato di idratazione, ad esempio, hanno una orientazione preferenziale ed una limitata libertà di movimento rotazionale e traslazionale, che fa passare i tempi di correlazione dai 10-12 s dell’acqua pura ai 10-6÷10-9 s dell’acqua delle shell di idratazione.
L'acqua forma clatrati idrati, costituiti da "gabbie" di molecole di acqua che circondano molecole o ioni estranei. Al di là dell'interesse per la loro struttura, che illustra quale organizzazione possa imporre il legame a idrogeno, gli idrati clatrati si assumono spesso a modello della maniera in cui l'acqua sembra organizzarsi intorno ai gruppi apolari, quali ad esempio quelli delle proteine. Alcuni composti ionici formano idrati clatrati nei quali l'anione è incorporato nell'intelaiatura dei legami a idrogeno. Questo tipo di clatrati ricorre frequentemente con gli accettori di legame a idrogeno molto forti, quali F- e OH-.
Le molecole di acqua inoltre mediano alcune reti di legami idrogeno intra-chain ed inter-chain, contribuendo alla stabilizzazione ed al folding del collagene, che è una delle proteine più importanti in natura.

L'acqua come solvente

Chimicamente l'acqua è un buon solvente. Le proprietà solventi dell'acqua sono essenziali per gli esseri viventi, dal momento che consentono lo svolgersi delle complesse reazioni chimiche che costituiscono le basi della vita stessa (ad esempio, quelle che avvengono nel sangue o nel citoplasma della cellula).
Il comportamento di solvente dell'acqua è determinato dalla polarità della sua molecola: quando un composto ionico o polare viene disciolto in acqua, viene circondato dalle molecole di acqua, le quali, si inseriscono tra uno ione e l'altro o tra una molecola e l'altra di soluto (grazie alle loro piccole dimensioni), orientandosi in modo da presentare ad ogni ione (o estremità polare) del soluto la parte di sé che reca la carica opposta; questo indebolisce l'attrazione tra gli ioni (o tra le molecole polari) e rompe la struttura cristallina; ogni ione (o ogni molecola polare) si ritrova quindi solvatato, cioè circondato completamente da molecole d'acqua che interagiscono con esso.
Un esempio di soluto ionico è il comune sale da cucina (cloruro di sodio), un esempio di soluto molecolare polare è lo zucchero.
In generale, le sostanze ioniche polari (quali acidi, alcoli e sali) sono abbastanza solubili in acqua, mentre non lo sono le sostanze non polari (quali grassi ed oli). Le molecole non polari non si miscelano all'acqua, perché per quest'ultima è favorita dal punto di vista energetico la formazione di legami a idrogeno al suo interno, piuttosto che la formazione di legami di Van der Waals con molecole non polari.

Le cellule

La cellula (dal latino, piccola camera) è l'unità fondamentale di tutti gli organismi viventi, la più piccola struttura ad essere classificabile come vivente.
Alcuni organismi, come ad esempio i batteri acidoplastici o i protozoi, possono consistere di una singola cellula ed essere definiti unicellulari. Altri organismi, come l'uomo (formato da circa 100 mila miliardi di cellule), sono invece pluricellulari. I principali organismi pluricellulari appartengono tipicamente ai regni animale, vegetale e dei funghi. Le cellule degli organismi unicellulari presentano caratteri morfologici solitamente uniformi. Con l'aumentare del numero di cellule di un organismo, invece, le cellule che lo compongono si differenziano in forma, grandezza, rapporti e funzioni specializzate, fino alla costituzione di tessuti ed organi.


1) DIMENSIONE E FORMA


Le dimensioni della cellula variano da pochi micrometri ad alcune decine. Per tale motivo, una cellula non può essere identificata ad occhio nudo (a parte alcuni casi particolari, come le uova). Per motivi fisiologici la cellula non può superare una certa dimensione: un aumento di diametro di n volte comporterebbe un aumento della superficie cellulare di circa n2 volte, con conseguente maggiore possibilità di scambi con l'esterno (sia in termini di nutrimento che di eliminazione dei rifiuti) ma anche un aumento del volume di n3 volte. Non essendo l'aumento della superficie cellulare proporzionale a quello del volume, quindi, una cellula troppo grande rischierebbe di morire per denutrizione o per uno smaltimento inefficiente dei prodotti di scarto. Le membrane di molte cellule sono ampiamente ripiegate per permettere un aumento della superficie di scambio senza un elevato incremento del volume interno (e quindi delle necessità).

La forma cellulare dipende da fattori fisici e funzionali. Se una cellula si trova in ambiente acquoso, questa tende ad assumere una forma sferica per effetto della tensione superficiale; le cellule possono anche avere una forma appiattita se risentono della pressione degli strati cellulari sovrastanti (come nel caso delle cellule epiteliali). Tuttavia, esiste una stretta relazione tra la forma di una cellula e la sua funzione: le fibre muscolari sono alquanto allungate per poter svolgere la contrazione; i neuroni possiedono una struttura fortemente ramificata per poter ricevere (attraverso i dendriti) e trasmettere (per mezzo degli assoni) gli impulsi nervosi.



2) Tipi di cellule


2.1) Cellula procariota


Vi sono due tipi di cellula procariote che, secondo la proposta tassonomica del 1990 di Carl Woese, costituiscono due dei tre domini viventi: gli Eubacteria (a volte, semplicemente, Bacteria) e gli Archaea. Tra questi due domini non vi sono tuttavia differenze strutturali sostanziali. Le principali strutture che caratterizzano la cellula procariote sono tre.

- La presenza di una o più appendici chiamate flagelli e/o pili (strutture proteiche che protrudono dalla superficie cellulare).
- Un contenitore cellulare costituito da parete cellulare e/o da capsula, barriere supplementari nei confronti dell'esterno. I componenti del contenitore possono essere estremamente variabili. Se la membrana plasmatica è presente in tutte le cellule procariotiche, esse presentano grandi differenze relativamente alla presenza e/o alla composizione di capsula e parete. La parete delle cellule procariotiche può essere di due tipi : Gram-positivo o Gram-negativo. Le pareti Gram-positive se colorate tramite il colorante cristalvioletto, e poi risciacquate, mantengono la colorazione . Mentre quelle Gram-negative no . La differenza sta tutta nella composizione della parete . Sia i Gram-positivi che i Gram-negativi, possiedono uno strato esterno detto peptidoglicano, che è il frutto dell'unione di due acidi e alcuni residui aminoacidici . Il peptidoglicano dei Gram-positivi è molto spesso, mentre quello dei Gram-negativi, oltre ad essere più sottile, è sormontato da uno strato LPS (lipolisaccaridico) .
- Una regione citoplasmatica priva di nucleo e/o organelli, che contiene principalmente il genoma ed i ribosomi. Un cromosoma procariote è solitamente una molecola circolare. Anche senza un vero nucleo, il DNA è condensato in un nucleoide. I procarioti possono avere elementi di DNA extracromosomico chiamati plasmidi, che sono solitamente circolari e che possono apportare capacità aggiuntive come la resistenza agli antibiotici. Le funzioni che gli organelli svolgono negli eucarioti, nei procarioti sono svolte a cavallo della membrana plasmatica.


2.2) Cellula eucariote


Una tipica cellula eucariote presenta solitamente una dimensione circa 10 volte maggiore rispetto ad una tipica cellula procariote, con un volume cellulare complessivo che può essere dunque anche 1000 volte maggiore. La principale caratteristica delle cellule eucariote, che le distingue da quelle procariote, è la presenza di una notevole compartimentalizzazione interna, costituita dalla presenza di vescicole ed invaginazioni racchiuse da membrane fosfolipidiche nelle quali hanno luogo specifiche attività metaboliche. Il compartimento più importante è senza dubbio il nucleo cellulare, un organulo in cui viene conservato il DNA cellulare e che dà il nome alla cellula stessa (dal greco ευ, bene/vero e κάρυον, nucleo).
A livello strutturale, le cellule eucariote presentano differenze rilevanti dai procarioti in tre regioni.

- La membrana plasmatica è del tutto simile a quella procariotica nella struttura e nella funzione. La parete cellulare non è invece presente, se non nella cellula vegetale (che presenta tuttavia una composizione profondamente diversa).
- Il DNA eucariotico è organizzato in molecole lineari chiamate cromosomi, associate ad istoni e contenute interamente nel nucleo. Anche alcuni organelli eucariotici (come i mitocondri ed i cloroplasti) possono contenere DNA.
- Gli eucarioti possono utilizzare ciglia e flagelli per muoversi, sebbene la loro struttura sia decisamente più complessa di quella delle protrusioni procariotiche.


3) CELLULE ANIMALI E VEGETALI


3.1) Cellula animale


Citoplasma
Il citoplasma è una matrice acquosa colloidale (detta più propriamente citosol) che contiene gli organuli e alcuni sistemi di membrane; è presente sia nelle cellule eucariote che in quelle procariote. Il citoplasma occupa circa la metà del volume totale della cellula e vi si trovano disperse tutte le sostanze chimiche vitali tra cui sali, ioni, zuccheri, una grande quantità di enzimi e proteine e la maggior parte dell'RNA. L'acqua costituisce circa l'80% delle sostanze contenute nel citoplasma. È formato inoltre da sali minerali e sostanze organiche. Nelle cellule eucariote, il citoplasma contiene un'intelaiatura formata da una complessa rete di filamenti costituiti da proteine fibrose e/o globulari che costituiscono il citoscheletro. Il citoscheletro conferisce alla cellula la sua forma caratteristica, rende possibili gli spostamenti degli organuli cellulari e coordina funzioni biologiche fondamentali, come la divisione cellulare.


Nucleo
Il nucleo cellulare è un organulo presente nella quasi totalità delle cellule eucariote, con forma e sede molto variabili e un volume proporzionale a quello di una cellula.
La posizione dipende dal contenuto e dalla funzione della cellula, ad esempio in cellule polarizzate con una zona apicale deputata alla secrezione (cellule mucipare, cellule a secrezione apocrina), o all'assorbimento (enterociti), hanno il nucleo in posizione basale, cellule molto "piene" come gli adipociti univacuolari (grasso bianco) o i miociti dei muscoli scheletrici hanno il nucleo in posizione sublemmare (cioè addossato alla membrana cellulare).
Anche la forma del nucleo cambia notevolmente, generalmente seguendo la geometria della cellula, dunque cellule cilindriche avranno nuclei oblunghi, mentre cellule cubiche avranno nuclei sferici. L'involucro nucleare è composto da due doppie membrane fosfolipoproteiche concentriche, ciascuna di spessore di 8 nm circa, che delimitano il lume della cisterna perinucleare di 15-40 nm. Tale cisterna è in continuità con il RER. La cisterna è interrotta a livello dei pori dove le due membrane si fondono.
La membrana esterna e quella interna, sebbene non contravvengano al principio di membrana unitaria hanno composizione differente sia in fosfolipidi che in proteine. Alla membrana interna è legata una fitta maglia incrociata chiamata làmina nucleare, composta da quattro tipi di lamìna nucleare o fiobrosa (A, B1, B2, C) che identifica il filamento intermedio specifico per il nucleoscheletro, il cui scopo è di fornire un sostegno per il nucleo e un ancoraggio per la cromatina.La lamìna viene trasportata qui grazie alla sequenza di indirizzamento nucleare ed, all'inizio della mitosi, viene scomposta ad opera dell'enzima protein chinasi Cdc2, come anche alla morte cellulare (apoptosi). La lamina nucleare separa la cromatina (DNA non spiralizzato) dalla membrana nucleare interna, ed ha un spessore che varia dai 10 ai 20 nm. La struttura a maglia, con cui è disposta, si interrompe in corrispondenza dei pori nucleari ed ha una forma simile in cellule dello stesso tessuto. La membrana esterna nucleare può invece presentare ribosomi (come facilmente immaginabile, a causa della continuità con il reticolo rugoso).
La membrana nucleare non è continua, ma presenta dei fori, detti pori nucleari, il cui scopo è quello di permettere il passaggio delle molecole dal citosol al nucleoplasma.
I pori nucleari sono composti da 8 proteine canale disposte ad ottametro e da centinaia di altre proteine che formano le diverse subunità, per un totale di 120 MDa di massa. Abbiamo le subunità ad anello, subunità a colonna, subunità laminare, subunità anulare, fibrille e canestro nucleare.
Le molecole più piccole (fino a 5.000 Da) passano per diffusione, molecole più grandi (fino a 60.000 Da) prive di segnali di localizzazione nucleare (NLS, vedi sezione Trasporti nucleo-citoplasma) passano con velocità inversamente proporzionale alla loro massa.
Dalle osservazioni di microscopia elettronica si ritiene che il poro sia formato da due anelli: 1- anello citoplasmatico (a cui sono legati filamenti citoplasmatici), sulla membrana esterna; 2- anello nucleare sulla membrana nucleare interna; i due ottameri sono collegati tra loro grazie a una struttura a raggiera, formata da proteine che delimitano il canale centrale che attraversa l'involucro. All'interno del canale sono state riscontrate altre proteine e trasportatori responsabili del movimento delle macromolecole attraverso la membrana nucleare.
Le molecole più piccole non passano attraverso il canale centrale, ma attraverso canali più piccoli (9-10 nm) ricavati tra i "raggi". Mentre quelle più grandi necessitano di un segnale che permetta loro di allargare il canale.


Reticolo endoplasmatico rugoso
Il reticolo endoplasmatico rugoso è un organello della cellula eucariote sia vegetale che animale; è costituito da una serie di membrane piegate una sull'altra a formare cisterne, mentre il termine rugoso (o ruvido) si riferisce al fatto che il versante citoplasmatico delle sue membrane sia ricco di ribosomi. Compito del ribosoma è quello di sintetizzare proteine tramite la "sintesi proteica". Una volta ottenuta la proteina, questa viene impacchettata in una membrana (gemmazione della vescicola di transizione) che, trovatasi nel citoplasma può fuoriuscire dalla cellula (esocitosi) o sostare nel citoplasma o andare nell'apparato di Golgi dove verrà modificata. Tutti i movimenti delle vescicole possono essere compiuti tramite il coordinamento del citoscheletro. Il RER è erroneamente denominato "rugoso". Il termine deriva da una sbagliata traduzione del vocabolo inglese "rough". Infatti, se il reticolo endoplasmatico fosse realmente "rugoso", presenterebbe dei ripiegamenti su se stesso.


Reticolo endoplasmatico liscio
Il Rel è costituito da un sistema di sacche tubolari. È il maggior responsabile della sintesi dei lipidi, degli ormoni steroidei e del metabolismo del glicogeno. Ha come compito quello di detossificare sostanze altrimenti dannose per l'organismo, come ad esempio l'etanolo contenuto nelle bevande alcoliche. Per questo motivo ritroveremo una rigogliosa presenza di Rel in cellule epatiche. Si è osservato infatti che, somministrando sostanze tossiche all'organismo, l'estensione del Rel nelle cellule epatiche aumenta notevolmente. Il Rel inoltre è sede primaria del metabolismo di fosfolipidi, acidi grassi e steroidi, serve a sintetizzare i lipidi utili per costruire e riparare tutte le membrane della cellula. Il REL ha anche la funzione di immagazzinare ioni calcio. Nel tessuto muscolare, questi ioni sono necessari per la contrazione; quando un impulso nervoso stimola una cellula muscolare, gli ioni calcio passano dal reticolo liscio nel fluido citoplasmatico, dove innescano la contrazione della cellula. Funzione altrettanto importante svolta dal Rel è quella del metabolismo del glicogeno. Gli enzimi necessari per la glicogenosintesi sono di tipo solubile e si trovano nello ialoplasma o, in alternativa, legati alle stesse particelle di glicogeno. La glicogenolisi invece è mediata da enzimi fosforilasici che inducono la liberazione di molecole di glucoso-1-solfato. I processi di glicogenolisi e glicogenosintesi aumentano in risposta a particolari stimoli ormonali rilasciati dal pancreas (insulina e glucagone).


Ribosomi
I ribosomi (al singolare ribosoma o ribosomio) sono organuli scuri presenti nel citosol, sulla membrana nucleare e sul reticolo endoplasmatico rugoso (RER); sono composti da RNA ribosomiale (r-RNA) e materiale proteico.
La loro funzione è quella di sintetizzare le proteine partendo da una catena di RNA messaggero (m-RNA).


Citoscheletro
Il citoscheletro è una fondamentale struttura cellulare. Il citoscheletro costituisce, per analogia macroscopica, la struttura muscolare, di movimento ed ossea, o di sostegno della cellula. Le sue funzioni di tipo strutturale sono indispensabili quindi in quelle cellule eucariotiche prive di parete, inoltre permette il movimento sia intercellulare (spostamento e modificazioni di forma di tutta la cellula) che intracellulare (spostamento interno dei costituenti la cellula).


Apparato di Golgi
L'apparato del Golgi (spesso detto semplicemente Golgi) è un organulo di natura lipidica scoperto nel 1898 dal medico e microscopista italiano Camillo Golgi, che lo identificò come una delicata struttura localizzata nella cellula in posizione paranucleare. Golgi diede all'organulo il nome di apparato reticolare interno.
La struttura si evidenzia trattando le cellule con sali d'argento. È visibile a fresco anche in molti altri tipi di cellule. Viene detta zona di Golgi la zona di citoplasma nella quale risiede l'apparato.
L'apparato del Golgi è formato da sacche membranose impilate le une sulle altre, che modificano proteine e lipidi, sintetizzano carboidrati e "impacchettano" le molecole che devono essere trasportate all'esterno della cellula. Anche se può variare leggermente a seconda delle cellule studiate, in linea di massima la sua struttura è pressoché uniforme: è formato da dittiosomi, strutture formate a loro volta da sacculi appiattiti e da piccole formazioni cave, le vescicole golgiane. I sacculi sono impilati strettamente gli uni agli altri e possono trovarsi singolarmente nel citoplasma o associati nei cosiddetti corpi golgiani. I sacculi che si trovano localizzati in prossimità del nucleo sono detti inferiori o prossimali e costituiscono la regione cis del dittiosoma. I sacculi che invece si trovano localizzati in prossimità della superficie cellulare sono detti superiori o distali e costituiscono la regione trans dello stesso dittiosoma.
L'apparato del Golgi ha la funzione di rielaborare, selezionare ed esportare i prodotti cellulari. Questo organulo può interagire con altri (come il reticolo endoplasmatico rugoso) per indirizzare ed etichettare certe vescicole contenenti prodotti cellulari verso la loro destinazione, che può essere quello di confluire in altri organi o ingranare nella membrana plasmatica e farne uscire il contenuto.
Possiamo fare un esempio con una proteina che deve raggiungere un lisosoma. Inizialmente questa proteina viene fornita di una specifica sequenza segnale che la indirizza nel reticolo endoplasmatico rugoso. Qui, le viene rimossa la sequenza segnale, sostituita con un oligosaccaride (cioè l'indirizzo in etichetta), e la proteina ora si chiama glicoproteina. Gli enzimi del Golgi modificano l'oligosaccaride aggiungendogli un gruppo fosfato, processo chiamato fosforilazione. La proteina fosforilata, si lega ad un recettore specifico; dopo viene racchiusa all'interno di una vescicola mediante l'estroflessione della membrana plasmatica; in questo modo la proteina resta divisa dal citoplasma quindi può raggiungere il lisosoma.
Meccanismi simili regolano ed indirizzano proteine diverse verso altri componenti cellulari. L'apparato del Golgi è responsabile dell'esportazione di queste proteine, ed è anche coinvolto nell'immagazzinamento di altre, fino a che queste non devono essere utilizzate o espulse dalla cellula.
I prodotti di questo apparato vengono secreti come piccole vescicole che migrano verso la membrana cellulare e con quest'ultima si fondono per rinnovarne i componenti.


Mitocondri
Un mitocondrio è un organulo cellulare di forma generalmente allungata, presente in tutti gli Eucarioti (con alcune eccezioni). I mitocondri sono organuli presenti nel citoplasma di tutte le cellule animali e vegetali a metabolismo aerobio. Mancano solo nelle cellule procariotiche, cioè i batteri, dove le funzioni respiratorie vengono espletate da proteine enzimatiche contenute nella membrana cellulare e nelle sue invaginazioni, dette mesosomi. I mitocondri sono gli organelli addetti alla respirazione cellulare, costituiti da sacchette contenenti enzimi respiratori. Sono costituiti da due membrane: la membrana interna e la membrane esterna; lo spazio fra queste due membrane è detto spazio intermembrana. Lo spazio delimitato dalla membrana interna è detto matrice mitocondriale; la membrana interna si estende nella matrice formando delle pieghe dette creste mitocondriali, dove si concentrano gli enzimi respiratori.
Il mitocondrio, isolato dalla struttura cellulare che lo circonda, assume una forma che ricorda quella di un salsicciotto ed è lungo 1-4 μm ed ha un diametro di 0,2-1 μm. Nella cellula, esso assume una forma piu complessa; ad esempio nelle piante (Arabidopsis thaliana) e nel lievito (Saccharomyces cerevisiae) è piu opportuno parlare di una rete mitocondriale in cui i mitocondri vanno incontro a fissione e fusione.
È delimitato da una doppia membrana: quella esterna permette il passaggio di piccole molecole, quella interna è selettivamente permeabile e ripiegata in estroflessioni chiamate creste mitocondriali che ne aumentano la superficie.
Le due membrane identificano due differenti regioni: lo spazio intermembrana, quello delimitato dalla membrana esterna e quella interna, e la matrice, circoscritto dalla membrana interna. La matrice mitocondriale ha consistenza gelatinosa a causa della concentrazione elevata di proteine idrosolubili (circa 500 mg/ml). Essa contiene, infatti, numerosi enzimi, ribosomi (più piccoli di quelli presenti nel resto della cellula) e molecole di DNA circolare a doppio filamento.


Lisosomi
Il lisosoma (dal greco lysis, dissoluzione, e soma, corpo) è una vescicola (organello) presente in numerose copie in cellule eucariotiche e rappresenta il sistema digerente della cellula in quanto è responsabile della degradazione e della digestione (distruzione) di molecole estranee e macromolecole ingerite dalla cellula via endocitosi così come di macromolecole endogene. I lisosomi si occupano del turnover degli altri organelli della cellula stessa. Attraverso questo stesso processo i globuli bianchi sono in grado di "disfarsi" di microrganismi patogeni o cellule morte precedentemente fagocitate. Il lisosoma si forma per gemmazione dall'apparato del Golgi che provvede anche al processamento degli enzimi litici prodotti dal reticolo endoplasmatico. Questi enzimi vengono diretti nei lisosomi tramite fosforilazione a livello del versante cis del Golgi ad opera di una fosfotransferasi che forma un residuo di mannosio-6-fosfato. Gli enzimi marcati con questo motivo vengono diretti specificamente verso i pre-lisosomi (così definiti in quanto il pH non è sufficientemente acido) tramite vescicole endosomali dotate di pH più basso. Quindi, man mano che nuove vescicole apportanti nuovi enzimi si fondono al pre-lisosoma, il suo pH si abbassa attivando infine gli enzimi litici e trasformandosi in vero e proprio lisosoma.


Centrosomi
In biologia cellulare, si definisce centrosoma, il principale centro di organizzazione dei microtubuli (MTOC) della cellula. È composto da due centrioli disposti ortogonalmente, la struttura dei centrioli è di nove triplette disposte in cerchio. Il centrosoma è circondato da una massa amorfa di materiale pericentriolare.
I microtubuli hanno un verso di polarità e il verso meno di questi àncora nel centrosoma.
Il centrosoma ha un ruolo centrale nel processo mitotico. Nella profase mitotica i due centrosomi (il centrosoma si è infatti duplicato nella fase s del ciclo cellulare) si staccano e viaggiano verso i poli opposti della cellula e inizano ad assemblare il fuso mitotico.il fuso mitotico è una struttura contenente microtubuli che serve a legare i cromosomi, staccando i cromatidi fratelli e portandoli ai due poli della cellula permettendo l'equa distribuzione del corredo cromosomico alle due cellule figlie.


Vacuoli
I vacuoli sono organuli tipici dei vegetali separati dal citoplasma da una membrana propria detta tonoplasto, che racchiude una soluzione, il succo vacuolare .Il tonoplasto è un particolare tipo di membrana a singolo strato, formato da fosfoglicolipidi e steroli liberi, importantissimi nella regolazione enzimatica e nel trasporto di sostanze attraverso la membrana . Le proteine inserite nello strato lipidico del tonoplasto, sono principalmente di trasporto (V-ATPasi e VAPPasi), tra cui vanno ricordate le acquaporine, facenti parte delle TIPs (proteine intrinseche del tonoplasto). Le TIPs sono le proteine più abbondanti del tonoplasto, e sono essenziali nell’entrata di acqua all’interno del vacuolo. I vacuoli sono molto simili alle vescicole animali ma di dimensione maggiore, e svolgono numerose funzioni: ad esempio i vacuoli di riserva che si formano in seguito a fagocitosi. Molti protisti di acqua dolce possiedono vacuoli contrattili che pompano verso l'esterno l'acqua in eccesso.
Le cellule vegetali mature contengono generalmente un grosso vacuolo centrale delimitato da una membrana chiamata tonoplasto che fa parte del sistema delle membrane interne; inizialmente i vacuoli sono piccoli e numerosi, poi all'aumentare delle dimensioni della cellula non corrisponde un aumento del citoplasma. A crescere sono i vacuoli che danno alla cellula un aspetto lamellare. Alle varie lamelle sono attaccati i vari organelli citoplasmatici. Man mano che crescono, i vacuoli tendono ad unirsi in un unico organulo di grandi dimensioni tanto da occupare circa il 90% della cellula, addossando il citoplasma e gli organuli alla membrana plasmatica.


3.2) Cellule vegetali


La cellule vegetali hanno gli stessi organuli delle cellule animali. Però ne hanno uno in più: il cloroplasto. Il cloroplasto è un tipo di organulo presente nelle cellule delle piante e nelle alghe eucariotiche. All’interno di questi organuli si svolge il processo della fotosintesi: l’energia luminosa viene catturata dai pigmenti di clorofilla e viene convertita in energia chimica (ATP e NADPH). I cloroplasti si sviluppano a partire da proplastidi, piccoli organuli che non sono in grado di svolgere la fotosintesi. I proplastidi si possono differenziare, in base alle necessità delle cellule e dei tessuti della pianta, in: cloroplasti (nelle foglie), leucoplasti (nei tessuti di riserva), cromoplasti (nei petali dei fiori). Se una foglia cresce al buio, i proplastidi non sono in grado di formare cloroplasti e si originano ezioplasti: in questi organelli è presente un precursore della clorofilla, di colore giallo. Se la foglia viene esposta alla luce, gli ezioplasti diventano rapidamente cloroplasti e la clorofilla viene sintetizzata a partire dal suo precursore.
I cloroplasti si presentano generalmente come dischi piatti del diametro di 2-10 micrometri e spessi circa 1 micrometro. Il cloroplasto è delimitato da due membrane; la membrana esterna è permeabile per la maggior parte delle molecole, mentre quella interna è decisamente più selettiva ed è attraversata da proteine di trasporto specifiche. I due doppi strati lipidici sono separati da uno spazio intermembrana.
Il fluido interno al cloroplasto è chiamato stroma: esso contiene molti enzimi coinvolti nel metabolismo dell’organulo, il DNA circolare e i ribosomi. I ribosomi del cloroplasto sono del tutto simili a quelli presenti nei batteri. La presenza di un genoma e dei ribosomi consentono all’organello di sintetizzare alcune delle proteine che gli sono necessarie, ma non tutte: molte proteine del cloroplasto sono codificate da geni presenti nel nucleo della cellula, tradotte nel citoplasma e poi indirizzate al cloroplasto.
All’interno dello stroma si trovano le membrane tilacoidali o tilacoidi, dove avvengono le prime fasi della fotosintesi. Le membrane tilacoidali si distinguono in membrane granali, impacchettate tra loro, e membrane stromatiche, in contatto con lo stroma. Lo spazio interno ai tilacoidi si chiama lumen.

4) RIPRODUZIONE


4.1) Mitosi


La mitosi (mitòsi) (dal greco mìtos, che significa filo, per l'aspetto filiforme dei cromosomi durante la metafase) è la riproduzione per divisione equazionale della cellula eucariote. Il termine viene spesso utilizzato anche per la riproduzione delle cellule procariote, un processo molto più semplice e più correttamente chiamato scissione binaria o amitosi.
La mitosi, nell'uomo, riguarda le cellule somatiche dell'organismo (cioè tutte le cellule tranne quelle che hanno funzione riproduttiva, i gametociti primari, che invece vanno incontro alla meiosi) e le cellule germinali ancora indifferenziate.
Il processo inizia con la condensazione della cromatina che avviene grazie alla presenza di proteine istoniche che fungono da centri primari di organizzazione del riavvolgimento del DNA, primo ordine di spiralizzazione, e della topoisomerasi II che, oltre alla sua funzione catalitica, agisce come centro di organizzazione del secondo ordine di spiralizzazione; poi seguono un terzo ordine di cui non si conoscono le proteine implicate e forse è conseguenza della tensione accumulata dalle precedenti spiralizzazioni; poi questo grosso superfilamento viene prima impaccato formando delle anse che poi si riuniscono formando il cromosoma visibile. La durata media di questo meccanismo di riproduzione cellulare varia in media, negli organismi superiori, tra le 15 e le 30 ore.
Prima della mitosi avviene l'interfase, momento molto importante nella vita della cellula, infatti proprio in questa fase, che si suddivide in G1, S e G2, gli organelli della cellula aumentano e nella fase S il DNA si duplica. La differenza sostanziale tra la sottofase G1 e la sottofase G2, è che la sottofase G1 è interposta da dopo la mitosi precedente, e prima della sottofase S, mentre la sottofase G2 avviene dopo la sottofase S e prima dell'inizio della successiva mitosi.


Profase

I cromosomi ( nel caso della specie umana), si condensano e sono visibili anche al microscopio ottico sotto forma di doppi bastoncelli basofili, (infatti "mitosi" dal greco mitos significa "filo") i cromatidi gemelli, che sono agganciati tra loro in un punto centrale detto centromero grazie ad un complesso sistema di interazioni tra il DNA e numerose proteine chiamato fuso acromatico.Viene sintetizzato un secondo centrosoma ed entrambi appaiono circondati da una coltre di microtubuli(Fuso,formato da dimeri di sub-unita proteiche tubulina alfa e beta dissassemblando il citoscheletro). Il ciclo si potrebbe interrompere in questo punto se alla coltura si aggiungesse la tossina falloidina che impedisce la formazione dei filamenti di microtubuli, questo si fa quando si vogliono visualizzare al microscopio i cromosomi per studiarne le caratteristiche. L'apparato del Golgi, il reticolo endoplasmatico in questa fase si scompongono in piccole vescicolette che si distribuiscono uniformemente in tutto il citoplasma; anche la membrana nucleare, grazie alla sua struttura a doppia membrana si scompone similmente agli organelli citati prima.



Metafase

Inizia anzitutto con una fase iniziale, detta prometafase, in cui avviene l'improvvisa dissoluzione della membrana nucleare, che si frammenta in tante vescicolette. Tale processo viene innescato dalla fosforilazione, attraverso delle chinasi, delle proteine dei filamenti intermedi (lamìne) che costituiscono la làmina nucleare; in conseguenza della fosforilazione i filamenti si dissociano negli elementi costitutivi.
I due centrosomi si portano ai poli opposti della cellula ed agiscono come centri di organizzazione microtubulare, catalizzando l'allungamento ed assicurando il corretto orientamento dei microtubuli che andranno a breve a legarsi al centromero di uno dei due cromatidi gemelli. In questa fase si possono verificare degli errori e due microtubuli si possono agganciare allo stesso cromatidio dando poi una cellula figlia mutilata e non vitale. Questa fase viene chiamata anche prometafase, che significa prima parte della metafase.
Le 23 coppie di cromatidi vengono portate nella parte mediana della cellula, formando la "piastra equatoriale" in cui un piano immaginario, passante per i centromeri, divide le coppie di DNA. È questo il momento più favorevole per lo studio dei cromosomi, che sono ora al massimo della loro spiralizzazione e affiancati ordinatamente lungo la piastra equatoriale posta al centro della cellula.



Anafase

I cromatidi,migrano verso i due centrosomi ai poli opposti della cellula. Si riconoscono due momenti detti anafase A e anafase B. Nella prima si assiste alla separazione dei due cromatidi fratelli ad opera di un enzima detto separasi con relativa migrazione degli stessi grazie a proteine motore (tipo dineine citoplasmatiche) presenti a livello del cinetocore. Nell'anafase B si assiste al reciproco scorrimento dei microtubuli polari del fuso mitotico con conseguente allontanamento dei due centrosomi verso direzioni opposte. Pertanto si ottiene il ripristino, per ogni polo, del numero originario di cromosomi.



Telofase

I cromosomi si despiralizzano. Intorno ai due nuovi complessi cromosomici ricompaiono le membrane nucleari e gli organelli si ricompongono. La telofase si conclude con una sottofase: la citodieresi, in cui si separa il citoplasma in modo equivalente in entrambe le cellule. La cellula si divide al centro formandone due cellule figlie, esattamente identiche alla cellula madre ma più piccole. Questo avviene grazie ad un anello di actina creatosi al centro della cellula madre che contraendosi stringe la cellula al centro, a questo punto proteine specializzate operano la fusione e la separazione della membrana in punti specifici e le due cellule si separano.
In alcune cellule la telofase non avviene e si accumulano all'interno di uno stesso nucleo di una stessa cellula da due ad alcune decine di corredi cromosomici. Questo tipo di cellule si chiamano plasmodi e l'esempio principale sono i protozoi del genere Plasmodium come il P. malariae; anche cellule umane vanno incontro a questo processo o patologicamente, come le cellule tumorali, o fisiologicamente come nel megacariocita e forse (in attesa di una conferma dalla ricerca) in una minoranza di cellule cardiache ed epatiche, anche i macrofagi iperattivati in un granuloma vanno incontro a questa "mitosi mutilata".


4.2) Meiosi


La meiosi è un processo della riproduzione sessuale mediante il quale una cellula eucariotica con corredo cromosomico diploide (raccolto in un cariotipo) dà origine a quattro cellule con corredo cromosomico aploide, ovvero che da una cellula madre si formano quattro cellule figlie, tutte diverse fra loro. Potrebbe sembrare molto simile alla mitosi ma, al contrario di questa, si ha la riduzione da corredo in doppia copia a corredo a semplice copia, e tramite il cosiddetto crossing-over (incrocio esterno), si ha lo scambio e la ricombinazione genetica.
Nella riproduzione sessuale, la ricombinazione dell'informazione genetica proveniente dalle cellule di due organismi differenti (padre e madre), produce risultati ogni volta diversi, e naturalmente diversi anche dai due genitori.
Ogni genitore fornisce quindi un corredo cromosomico "semplice" aploide (detto anche "dimezzato"), cellula uovo nella femmina e spermatozoo nel maschio; la fusione (fecondazione), dei due corredi dimezzati (materno e paterno) e "rimescolati" ricostituisce il corredo intero, e dà origine ad una singola nuova cellula, detta zigote che diverrà il nuovo individuo. Il cariotipo cromosomico è l'insieme del numero, della forma e delle dimensioni dei cromosomi che costituiscono il corredo genetico completo dello zigote, e quindi del nuovo individuo. Ad una duplicazione del materiale genetico, che avviene nella fase pre-meiotica S, corrispondono due divisioni nucleari:

- Prima divisione meiotica o meiosi I (fase Riduzionale)
- Seconda divisione meiotica o meiosi II (fase Equazionale)


4.2.1) Meiosi I



Profase I

La meiosi I si apre con la [profase], un processo più lungo e complicato della profase mitotica. Si suddivide in 5 stadi: leptootene, in cui il materiale genetico si condensa a formare strutture bastoncellari; zigotene, durante il quale avviene la sinapsi dei cromosomi omologhi; pachitene, in cui avviene il crossing-over, con scambio del materiale genetico; diplotene durante il quale inizia la desinapsi e i cromosomi restano appaiati tramite i chiasmi; diacinesi,in cui avviene la dissoluzione della membrana nucleare e del nucleolo. Durante la profase I, inoltre, si sviluppa il fuso, costituito da due coppie di centrioli, situate ai poli opposti della cellula, da cui fuoriescono fibre di microtubuli. Tali fibre agganciano i cromosomi mediante il cinetocore, una piastra proteica situata a livello del centromero. La profase I può durare per giorni o anche più a lungo e occupa il 90% del tempo richiesto per quasi tutta la divisione meiotica.



Metafase I

I cromosomi omologhi sono trascinati dai microtubuli all'equatore cellulare. Si ha l'assortimento indipendente dei cromosomi omologhi. In pratica i cromosomi della madre e del padre si allineano in modo casuale all'equatore.



Anafase I

A differenza dell'anafase mitotica, durante questa fase i cromatidi fratelli restano attaccati per i centromeri, mentre i cromosomi omologhi si staccano e migrano ai poli opposti della cellula. In questo modo si ha un corredo cromosomico aploide proprio perché sono gli omologhi parentali a separarsi.



Telofase I

La telofase I può variare a seconda della specie. In seguito alla migrazione dei cromosomi omologhi verso i poli opposti della cellula, si può verificare la formazione della membrana nucleare e la citodieresi con la conseguente scissione cellulare, come avveniva nella mitosi; oppure vi è la semplice migrazione dei cromosomi senza scissione.


4.2.2) Interfase


In alcuni casi, terminata la Meiosi I, può avvenire l'Interfase in cui i cromosomi si despiralizzano; in molte specie si passa invece direttamente dalla Telofase I alla Profase II.


4.2.3) Meiosi II


La seconda divisione meiotica è identica alla mitosi, solo che genera due cellule aploidi, perché non è preceduta da un ciclo cellulare adeguatamente fornito di fase S, e quindi avviene in presenza di un corredo cromosomico n invece che 2n.


Profase II

Compaiono nuovamente le fibre del fuso che agganciano i cinetocori dei cromosomi. Nel caso si sia verificata una scissione durante la telofase I, la membrana nucleare si dissolve affinché i microtubuli del fuso possano attaccarsi ai cromosomi.


Metafase II

I cromosomi si toccano sulla piastra equatoriale; ogni cromosoma è costituito da 2 cromatidi omologhi fratelli

Anafase II

I centromeri dei cromosomi dei cromatidi fratelli si staccano e i cromatidi si dividono, migrando ai poli della cellula.

Telofase II

Ai poli opposti della cellula si cominciano a formare i nuclei e avviene la citodieresi, con la conseguente scissione cellulare.

Ricapitolando: nella meiosi si passa da una cellula immatura con patrimonio genetico (corredo cromosomico) diploide 2n con contenuto di cromatina 4C a quattro cellule mature aploidi n con contenuto di cromatina 1C.

Sinapsi e crossing-over

La sinapsi è il processo che permette la spartizione dei cromosomi omologhi in due corredi aploidi durante la profase I. Ciascun cromosoma è formato da due cromatidi, e quindi quattro cromatidi formano una tetrade. In seguito alla sinapsi degli omologhi avviene il crossing-over, un processo mediante il quale i cromosomi omologhi si scambiano parti equivalenti, determinando nuove combinazioni di geni. Il risultato visibile del crossing over è una struttura a croce chiamata chiasma. In ciascuna chiasma i cromosomi omologhi possono scambiarsi segmenti di cromatidi