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FONTI:

giovedì 4 giugno 2009

I batteri

Oltre ad essere onnipresenti, i batteri sono anche le forme viventi più diffuse sulla Terra, tanto che in un solo cucchiaio di terreno se ne possono trovare fino a 10.000 miliardi. Spesso, i batteri sono associati al sudiciume o a determinate malattie, ma in realtà molti di essi sono particolarmente utili all'uomo; pensiamo, ad esempio, ai batteri che consentono la produzione dello yogurt, o a quelli che costituiscono la flora simbionte intestinale.

1) CARATTERISTICHE GENERALI

TIPO DI ORGANISMO: procariote, solitamente unicellulare.

DIMENSIONI: sono nell'ordine del micrometro, che è la milionesima parte del metro; in genere oscillano tra 0,2 e 10 µm;

FORMA: varia in relazione al tipo di batterio considerato:

-cocco: sferica
-bacillo: a bastoncello
-vibrioni: a virgola (presentano una curvatura)
-spirilli: a spirale (forma ad elica cilindrica a passo ampio)
-spirocheta: a cavatappi (sinusoidi a passo molto breve)

Riproduzione:
generalmente asessuata, per divisione semplice (o scissione binaria); ogni batterio (cellula madre) si scinde in due unità, dando origine a due cellule figlie identiche all'originale. Durante questo processo si possono formare degli aggregati batterici, da cui originano colonie costituite da cellule diverse per numero e posizione:

- DIPLOCOCCHI: batteri associati due a due
- STREPTOCOCCHI: a catenella
- TETRADI: gruppi di quattro cellule
- SARCINE: otto cocchi a forma di cubo
- STAFILOCOCCHI: a grappolo

La riproduzione batterica avviene in due fasi distinte:

incremento delle dimensioni del batterio, che sintetizza e sviluppa le varie strutture cellulari;
divisione della cellula madre per originare due cellule figlie.
La crescita della popolazione batterica segue un andamento caratteristico, che la rende suddivisibile in quattro fasi:

- DI LATENZA: i batteri sintetizzano le sostanze necessarie per prepararsi alla divisione e non aumentano di numero; la sua durata varia da specie a specie ed in relazione alle condizioni ambientali.

- DI CRESCITA ESPONENZIALE: ogni 10 - 60 minuti il numero di batteri raddoppia (sviluppo logaritmico).

- FASE STAZIONARIA: scarseggiano le sostanze nutritive ed il numero di nuove cellule è equivalente al numero di batteri morti.

- MORTE: il drastico calo di nutrienti porta alla morte di un numero di batteri superiore rispetto a quello delle cellule ancora in grado di riprodursi.

Mobilità:
alcuni batteri sono fissi, quindi incapaci di compiere un movimento autonomo, mentre altri sono dotati di una mobilità più o meno spiccata; questi ultimi possiedono sottili peli vibratili, denominati flagelli. A seconda del numero e della posizione di questi flagelli, i batteri si dividono in:

- MONOTRICHI: un flagello
- LOFOTRICHI: tre flagelli
- ANFITRICHI: sei flagelli
- PERITRICHI: otto flagelli

Habitat e patogenicità:
i più disparati, alcuni batteri vivono nel terreno, altri nell'aria o nell'acqua; altri ancora sono parassiti delle piante, degli animali o dell'uomo. Come anticipato, però, non tutti i parassiti arrecano danni all'organismo che li ospita. Sono definiti simbionti quei batteri che colonizzano un determinato organismo apportandogli un certo vantaggio (come la flora batterica intestinale o quella vaginale), commensali quelli che non arrecano né danni né vantaggi, e patogeni quelli che danneggiano l'organismo (producono tossine lesive per la salute dell'ospite). Da notare che questa divisione non è netta; molti batteri commensali, per esempio, possono diventare patogeni quando crescono eccessivamente di numero, o quando colonizzano un tessuto diverso da quello in cui sono normalmente presenti (molti batteri intestinali, ad esempio, sono responsabili di cistiti e vaginiti). Il termine infezione sta ad indicare la capacità di un determinato batterio di entrare nell'organismo e moltiplicarsi (la capacità di moltiplicazione è detta virulenza); ciò non è necessariamente sinonimo di patogenicità, che si ha solamente nel caso in cui il batterio produca sostanze tossiche che arrecano danno all'ospite.

Metabolismo e nutrizione:
i batteri si procurano l'energia, necessaria a soddisfare le esigenze del proprio metabolismo, essenzialmente per due vie, captando le radiazioni solari, oppure per ossidazione chimica; nel primo caso si parla di batteri fotositentici o fototrofi, mentre nel secondo di batteri saprofiti, chemiofiti o parassiti. In base alla fonte di carbonio impiegata per sintetizzare composti organici (proteine, carboidrati ecc.) i batteri si distinguono in autotrofi, capaci di fissare l'anidride carbonica inorganica, ed eterotrofi, che utilizzano il carbonio derivante dalla demolizione di sostanze organiche formate da altri organismi. Si definiscono aerobici tutti i batteri che, come gli animali, “respirano” ossigeno; sono invece anaerobici tutti quei batteri che possono vivere in ambienti privi di questo gas. Sono anaerobici facoltativi i batteri capaci di vivere sia in assenza che in presenza di ossigeno, ed anaerobici obbligati quei batteri che possono soppravvivere soltanto in assenza di tale gas.

Classificazione:
oltre che sulla base della forma, la classificazione dei batteri può essere operata sulla colorazione di GRAM (un procedimento di laboratorio in cui i batteri vengono sottoposti ad alcuni semplici trattamenti). Quelli che reagiscono positivamente, colorandosi di viola scuro, sono classificati nella categoria dei GRAM + (GRAM positivi), viceversa, quelli che non si colorano (viola chiaro) vengono chiamati GRAM - (gram negativi). Questa classificazione ha una valenza importante in campo medico e farmacologico, in quanto GRAM + e GRAM - presentano diversa sensibilità ai vari antibiotici. Vi è poi, ovviamente, una tassonomia specifica per i batteri, con divisione in specie, genere, famiglia, classi, Phylum e domini.

2) CELLULA BATTERICA

Composizione chimica:
il componente prioritario della cellula batterica è l'acqua, che rappresenta l'80% della massa cellulare ed il solvente in cui si disperdono le varie componenti, organiche (lipidi, proteine, polisaccaridi e acidi nucleici) ed inorganiche (minerali come sodio, zinco, fosforo, ferro, calcio e zolfo).

Nucleo:
il batterio è una cellula procariotica e come tale si distingue da quella eucariotica (tipica dell'uomo, ma anche di piante, animali e funghi), innanzitutto per l'assenza di una membrana nucleare. All'interno della cellula batterica avremmo quindi un singolo cromosoma, immerso direttamente nel citoplasma e contenente DNA avvolto in una struttura circolare superspiralizzata. Di solito questo DNA è in stretta associazione con particolari regioni della membrana plasmatica (MESOSOMI), dove risiedono gli enzimi per la replicazione batterica e per la produzione di energia (fosforilazione ossidativa).

Ribosomi batterici:
all'interno delle cellule batteriche troviamo i ribosomi, più piccoli di quelli eucariotici e con diversa struttura e costante di sedimentazione [70s nei batteri (subunità maggiore 50s, minore 30s) e 80s negli eucarioti (subunità maggiore 70s, minore 40s)]. Sono costituiti da proteine ed RNA, formatosi a partire dal DNA cromosomico tramite il processo di trascrizione. Le differenze che separano i ribosomi batterici da quelli umani (ricordiamo che il ribosoma è l'organello cellulare deputato alla sintesi proteica) ha permesso lo sviluppo di farmaci selettivi, capaci di inibire la sintesi proteica batterica senza interferire con quella umana.

Membrana plasmatica:
la membrana plasmatica del batterio è molto simile a quella eucariotica, anche se più sottile; possiamo riconoscervi innanzitutto il tipico doppio strato fosfolipidico, in cui sono immerse glicoproteine e glicolipidi. Anche le funzioni sono analoghe, dal momento che la membrana plasmatica batterica regola gli scambi con l'ambiente. Al suo esterno ritroviamo una struttura caratteristica, la parete batterica. E' molto importante sottolineare, a tal proposito, che i batteri GRAM + possiedono solamente la membrana plasmatica e la parete cellulare, mentre nei GRAM - è presente un ulteriore struttura, chiamata membrana esterna.

Parete batterica:
fornisce al batterio rigidità e robustezza, evitando che si danneggi quando si trova in un ambiente con ridotta pressione osmotica; svolge inoltre funzioni di difesa contro la fagocitosi, e regolatrici sullo scambio di nutrienti e metaboliti con il mondo esterno (in sinergia con la membrana plasmatica).
Il costituente principale della parte batterica è un polimero chiamato peptidoglicano, più spesso nei batteri GRAM + e sottile nei GRAM -. I due monomeri che lo costituiscono sono degli amminozuccheri, chiamati N-acetilgucosammina (NAG) e acido acetil Muranico (NAM), uniti tra loro mediante legami glicosidici B 1-4 e B 1-6. Ad ogni molecola di acido N-acetil Muranico sono legati 5 amminoacidi, di cui il 1° è la L-alanina, mentre gli ultimi due sono costituiti da D-alanina. Tanti monomeri NAG e NAM danno quindi origine ad una molecola di peptidoglicano, e più molecole di peptidoglicano si legano tra loro per formare la parete batterica. Tale associazione è garantita dall'azione di un enzima, chiamato TRANSPEPTIDASI, che dà origine ad un legame peptidico tra il terzo amminoacido di una catena ed il quarto della catena parallela. L'energia necessaria per operare tale unione viene fornita dalla perdita del quinto amminoacido, che ricordiamo essere una D-alanina. La penicillina, noto antibiotico, agisce proprio a questo livello, impedendo il legame tra il terzo ed il quarto amminoacido delle due catene parallele. Il lisozima, potente antibatterico presente - tra l'altro - nella saliva e nelle lacrime, rompe invece il legame B 1-4 che tiene uniti i monomeri NAM e NAG. Nei batteri GRAM - il legame tra il terzo ed il quarto amminoacido è diretto, mentre nei GRAM positivi è mediato da 5 glicine (ponte pentaglicinico). Per quanto importante, la parete cellulare non è una struttura indispensabile per la vita della cellula, tant'è vero che alcuni batteri ne sono privi. Al suo interno possono esservi anche molecole chiamate ACIDI TEICOICI, tipici dei batteri GRAM positivi, ma presenti anche nei GRAM -; si tratta di polimeri di alcol polivalent(glicerolo), associati ad amminoacidi e zuccheri, che hanno lo scopo di ostacolare la degradazione del peptidoglicano da parte del lisozima e di altri agenti battericidi.

Membrana esterna:
tipica ed esclusiva dei GRAM -, si associa alla parete batterica mediante lipoproteine. Essa è formata da due foglietti, di cui:
il più interno è di natura fosfolipidica, mentre l'esterno è costituito da una molecola liposaccaridica ripetuta, il cosiddetto LPS (o lipopolisaccaride). Il lipopolisaccaride LPS è a sua volta suddivisibile in tre strati: quello più interno, di natura lipidica, è chiamato LIPIDE A; è uguale per tutti i batteri GRAM - e ne costituisce la componente tossica (ENDOTOSSINA); proprio al lipide A sono quindi riconducibili molti dei classici sintomi clinici di un'infezione da GRAM-, tra i quali la febbre è senza dubbio il disturbo più comune.
La parte centrale, di natura polisaccaridica, è chiamata C (o core) ed è uguale per tutti i batteri.
La parte esterna è chiamata ANTIGENE O, è sempre di natura polisaccaridica, ma è diversa da batterio a batterio.
Nella membrana esterna si riconoscono anche piccolissime proteine, chiamate porine, che regolano l'assunzione di nutrienti, ma anche di altre sostanze, come gli stessi antibiotici (si oppongono al loro ingresso).

Differenze con la cellula eucariota:
oltre alle differenze già elencate, le cellule batteriche sono prive di alcune strutture complesse tipiche degli eucarioti (reticolo endoplasmatico, mitocondri, apparato del Golgi, cloroplasti, centrioli e fuso mitotico).

3) STRUTTURE ACCESSORIE DEL BATTERIO

Flagello:
I flagelli - la cui lunghezza è compresa tra i 5 ed i 10 micrometri - hanno una struttura filamentosa e sono costituiti da subunità proteiche elicoidali contenenti flagellina (una proteina). Proprio grazie a queste proteine, che differeiscono da batterio a batterio per costituzione amminoacidica, i flagelli rappresentano degli organi di riconoscimento per il sistema immunitario umano (costituiscono il cosiddetto ANTIGENE H). In ciascun flagello si possono riconoscere tre parti: il filamento, che è la porzione sporgente un gancio, tramite il quale si attacca alla membrana plasmatica un corpo basale, che funge da ancoraggio alla membrana. All'interno del corpo basale viene generata l'energia necessaria a far muovere il flagello in senso antiorario od orario. Nel primo caso - considerando che l'elica formata dalla flagellina ha un andamento sinistrorso - si genera un movimento propulsivo attivo ("swimming", chemotassi positivo), mentre quando il flagello si muove in senso orario si ha un movimento improduttivo. L'orientamento dei movimenti è influenzato dagli stimoli captati dai recettori posti sulla superficie del batterio; se questi avvertono la presenza di nutrienti, si genera un movimento propulsivo attivo; viceversa, se il segnale captato è nocivo (ad esempio per la presenza di sostanze antibatteriche), si ha chemotassi negativa ed il batterio si allontana. La mobilità attiva, conferita alla cellula dalla presenza di flagelli, può anche favorire la penetrazione dei patogeni nell'organismo.

Pili o fimbrie:
molto più piccoli dei flaggelli (hanno dimensioni di 0,2 - 2 micrometri), sono costituiti da una ripetizione di subunità proteiche formanti una struttura elicoidale. Appaiono come appendici filamentose, non hanno funzione di movimento e sono più frequenti nelle specie GRAM negative, sia mobili che immobili. Le proteine che li compongono sono chiamate piline, mentre quelle che ne caratterizzano l'estremità prendono il nome di adesine; quest'ultime consentono al batterio di aderire meglio alle superfici, come ad esempio le mucose dell'organismo umano.
Vi sono poi dei tipi particolari di fimbrie, dette FIMBRIE F (F come Fertilità), prive di adesine e coinvolte nel processo di coniugazione. Riassumendo, quindi, esistono pili sessuali e pili con proprietà adesive.

Capsula:
involucro molto voluminoso costituito essenzialmente da acqua e mucopolisaccaridi, che gli conferiscono una certa vischiosità. Favorisce l'adesione del batterio a determinate superfici o ad altri batteri (agevolando la formazione di colonie); ricopre anche un'importante funzione antifagocitaria e protettiva nei confronti di sostanze antibatteriche, come lo stesso lisozima.
Spessore, densità e aderenza della capsula alla parete cellulare variano da specie a specie.

Strato cristallino:
o strato S; è costituito da proteine e polimeri di varia natura, che si legano tra loro in maniera ordinata. Ha una funzione protettiva e favorisce l'aggregazione batterica e l'adesione alle superfici mucose.

Sposa:
tipica di molti batteri, soprattutto di quelli appartenenti al genere bacillus o clostridium. Quando una cellula batterica entra in una fase di latenza metabolica per la mancanza di condizioni idonee alla vita (carenza di nutrienti, temperature eccessivamente alte o basse ecc.), circonda il proprio DNA con una serie di strutture protettive (corteccia, mantello ed esosporio) e lo espelle. Grazie a questa sorta di guscio estremamente resistente la spora può sopravvivere a condizioni ambientali particolarmente sfavorevoli (come la cottura degli alimenti) e riattivarsi - con un processo chiamato germinazione - non appena queste tornano idonee alla vita. Il processo di sporazione (cioè di formazione della spora) dura dalle sei alle dieci ore ed è mediato da attivazioni genetiche in risposta ai mutamenti ambientali; per germinare, invece, la spora impiega mediamente una o due ore.

4) TOSSINE BATTERICHE

Le tossine batteriche, molecole nocive prodotte dai batteri, si suddividono in due grandi gruppi, quello delle ENDOTOSSINE e quello delle ESOTOSSINE. Le endotossine sono componenti strutturali del batterio, tipiche ed esclusive dei batteri GRAM negativi; sono costituite dal lipide A (lo strato interno del liposaccaride LPS, che a sua volta costituisce la porzione più esterna della membrana che riveste la parete cellulare). Vengono liberate alla morte del batterio e sotto questo aspetto sono più pericolose rispetto alle esotossine. Le esotossine non sono componenti strutturali, ma semplicemente delle sostanze rilasciate all'esterno dal batterio; esse vengono prodotte sia dai GRAM + che dai GRAM -, ma sono tipiche ed esclusive di ogni batterio (al contrario delle endotossine). Di conseguenza, ogni esotossina è responsabile di un effetto sintomatologico diverso e sostiene la specificità del quadro morboso.

Esotossine:
vengono espulse all'esterno dal batterio e possono diffondere nell'ospite; ad esempio, il Clostridium tetani rimane confinato nella sede di infezione e da qui libera tossine che raggiungono il sistema nervoso centrale attraverso il circolo ematico. Le esotossine possono essere monomeriche, dimeriche o multimeriche; la maggior parte sono di tipo dimerico e come tali costituite da un peptide A, che è la parte tossica, ed un peptide B, che funge da recettore per la cellula bersaglio. Queste due subunità sono legate da un ponte di solfuro, che si spezza non appena la subunità B si lega al recettore cellulare, permettendo, così, l'ingresso nella cellula della subunità A. In base al meccanismo d'azione, specifico per determinati organi o strutture corporee, si distinguono esotossine citolitiche, ciliostatiche, neurotrope, enterotossiche, pantrope e superantigeni.

Citolitiche:
o emolisine; formano dei canali nella membrana plasmatica, attraverso i quali la cellule perde acqua e sali, fino a morire per lisi osmotica. Ne é un esempio lo stafilococco aureus,
responsabile di affezioni cutanee (acne, foruncoli ecc.) e tossinfezioni alimentari; esso produce diverse tossine, tra cui una detta alfa dotata di attività citolitica.

Neurotrope:
tipici esempi sono dati dalla tossina botulinica e da quella tetanica; la prima agisce sul sistema nervoso periferico, a livello della giunzione neuromuscolare, inibendo il rilascio di acetilcolina con conseguente morte per paralisi flaccida (ne basta un grammo per uccidere 10 milioni di persone, vedi anche botulino). L'esotossina tetanica, invece, agisce sul sistema nervoso centrale, a livello delle sinapsi, dove blocca la liberazione di neurotrasmettitori inibitori dell'impulso nervoso; di conseguenza, si ha morte dell'ospite per paralisi spastica.

Enterotossiche o enteropatogene:
causano tipicamente vomito e diarrea. Un tipico esempio è dato dall'esotossina del colera, che agisce soprattutto a livello dell'intestino tenue, attivando un enzima chiamato adenilato ciclasi e portando ad una sovrapproduzione e all'accumulo di AMP ciclico. Di conseguenza si alterano gli scambi idrici ed elettrolitici della cellula, fino alla morte dell'individuo per severa disidratazione.

Pantrope:
inibiscono le sintesi proteiche; ne è un esempio la tossina difterica.

Superantigeni:
sconvolgono il meccanismo protettivo del sistema immunitario, generando una risposta infiammatoria esagerata, con iperproduzione di citochine pro-infiammatorie e comparsa di febbre, ipercatabolismo proteico, fino allo shock emodinamico.

Endotossine:
sono costituite dal lipide A, che quando viene liberato in grandi quantità dopo la morte dei batteri, produce una serie di sintomi negativi, primo fra tutti il rialzo termico (si dice che le endotossine possiedono un'elevata pirogenicità). Tali sintomi sono mediati dal rilascio di sostanze con potente azione infiammatoria (come certe prostaglandine e l'interleuchina-1) Si ha poi un'attivazione dei meccanismi che portano alla coagulazione del sangue e ad una vasodilatazione periferica, con aumento della permeabilità capillare (formazione di edemi e possibile shock ipodinamico nelle persone già sofferenti di pressione bassa). Nonostante ciò, si ritiene che piccole dosi di endotossine esplichino attività parzialmente o interamente benefiche per l'ospite, poiché stimolano positivamente la funzionalità del sistema immunitario. In effetti, i batteri GRAM - presenti nel nostro intestino liberano continuamente piccole quantità di endottosine. Le endotossine sono estremamente resistenti al calore ed agli agenti fisici; per questo sono frequenti contaminanti ambientali.

5) TRASFERIMENTO DELL' INFORMAZIONE GENETICA


L'evoluzione della specie umana è garantita dalla meiosi delle cellule germinali e dalla loro successiva unione (fecondazione). In questo modo, le nuove generazioni ereditano metà del patrimonio genetico dal padre e metà dalla madre. Dal momento che i batteri si riproducono in maniera asessuata, per semplice scissione binaria, la loro evoluzione è garantita da due meccanismi principali: quello delle mutazioni e quello delle ricombinazioni.

Mutazioni:
evento casuale che si manifesta con alterazioni e sostituzioni a livello delle sequenze nucleotidiche che compongono il genoma batterico.

Ricombinazioni:
derivano da meccanismi di trasferimento genico: un batterio donatore trasferisce delle sequenze mucleotidiche al batterio ricevente, che le integra nel proprio genoma secondo un meccanismo di RICOMBINAZIONE OMOLOGA. Tutto ciò porta all'acquisizione di nuovi caratteri, come la capsula, la capacità di produrre particolari tossine, fattori di resistenza agli antibiotici ecc. Nel batterio il genoma è contenuto nell'unico cromosoma e talvolta anche in ambienti extracromosomiali, detti PLASMIDI, che hanno la stessa struttura superspiralizzata, ma un diametro minore. I plasmidi sono dotati di replicazione autonoma e possono codificare, ad esempio, per tossine, pili, adesine, batteriocine o fattori di resistenza; alcuni plasmidi possono anche integrarsi nel genoma batterico e successivamente tornare indipendenti; in questi casi vengono detti EPISOMI. In generale, quindi, nei plasmidi ritroviamo l'informazione genetica di caratteri ausiliari, non indispensabili alla sopravvivenza del batterio.
Alcuni plasmidi hanno un ristretto spettro di potenziali ospiti, mentre altri più largo (ciò significa che possono essere trasferiti a batteri diversi). Per trasferire il materiale genetico, quindi plasmidi o sequenze genomiche, i batteri hanno elaborato tre diversi meccanismi, chiamati: trasformazione, coniugazione e trasduzione. A questi, può esserne aggiunto un quarto, chiamato TRASPOSIZIONE, tramite cui si ha trasferimento di materiale genetico da una zona all'altra del cromosoma, o dal plasmide al cromosoma, all'interno dello stesso batterio.

Trasformazione:
il processo di trasformazione può essere suddiviso in tappe distinte:

1) legame tra DNA e cellula
2) ingresso del DNA nella cellula
3) ricombinazione del DNA libero che entra nel batterio ricevente
4) espressione fenotipica

Un DNA per essere trasformante dev'essere:

1) a doppia elica
2) con peso molecolare superiore a 106 Dalton
3) avere un'elevata analogia col DNA della cellula ricevente

La cellula ricettrice, da parte sua, dev'essere in uno stato fisiologico chiamato di competenza. Una cellula è competente quando è al termine della sua crescita esponenziale o logaritmica; in questa fase, infatti, la sintesi proteica è massima e vengono espressi fattori di competenza (proteine che permettono al DNA di entrare).

Coniugazione:
consiste nel trasferimento diretto di materiale genetico tramite contatto fisico tra due cellule batteriche. Alcuni batteri contengono un plasmide, detto fattore F, che codifica per delle proteine che formano il pilo di coniugazione. Questo plasmide, dotato di replicazione autonoma, possiede dei geni che gli consentono di replicarsi e trasferirsi da un batterio F+ all'altro (F-). Fasi della coniugazione: un batterio F+ incontra un batterio F- e si forma un ponte di unione. A questo punto il plasmide comincia a replicarsi con un meccanismo detto rolling circle (in direzione 5' - 3'), durante il quale una delle due emieliche passa attraverso il pilo. Alla fine della replicazione e del trasferimento, abbiamo due F+, poiché il primo mantiene la copia del plasmide, mentre l'F- riceve la seconda emielica, che poi si duplica e forma il plasmide. A volte (raramente) in una cellula F+ il plasmide può integrarsi nel cromosoma. Le nuove cellule dove il plasmide è integrato prendono il nome di HFR (alta frequenza di ricombinazione). In queste cellule il plasmide integrato trasmette al cromosoma le sue caratteristiche, come quella di trasferirsi da un batterio A ad un batterio B; quindi i geni del primo possono combinarsi con quelli del secondo. Se mettiamo un batterio HFR a contatto con un F- si forma il ponte di coniugazione, che invia un segnale di trasferimento genico per il quale una nucleasi taglia un'elica, il cromosoma inizia a replicarsi con un meccanismo a rolling circle, e la copia passa nella cellula F a partire dal punto di taglio. Il passaggio dell'intero cromosoma dura circa 90', ma il ponte di coniugazione è fragile e spesso si rompe prima che il trasferimento si completi, quindi passa solo la testa del plasmide ed alcuni geni ad essa vicini; la parte terminale, invece, contenente il fattore F, non passa. Di conseguenza, la cellula F- non diventa HFR e nemmeno F+, ma acquisisce solo alcuni dei caratteri del batterio donatore.
Il DNA donatore può ricombinarsi con il cromosoma della cellula ricevente conferendo al batterio nuovi caratteri genetici. Altre volte il DNA può essere degradato e non si ha nessun cambiamento. Oltre ai fattori F esistono anche i cosiddetti fattori R (che portano la resistenza agli antibiotici); sono sempre plasmidi che contengono le sequenze dei fattori F, ai quali ne sono associati altri per la resistenza agli antibiotici. Vi sono poi fattori COL, che codificano per proteine chiamate colicine o batteriocine, cioè sostanze ad azione battericida, con le quali il batterio si difende ed attacca le altre cellule per occupare le sedi di colonizzazione.
Vi sono anche fattori ENT, che codificano per enterotossine e che sono tipici di alcuni stipiti di Escherichia Coli (normalmente presenti nell'organismo), capaci di produrre enterotossine attive sulla mucosa dell'intestino tenue. I pili sessuali sono tipici ed unici dei GRAM -, però la coniugazione avviene anche nei GRAM +, i quali possiedono plasmidi che sintetizzano particolari proteine, che - secrete all'esterno - portano all'aggregazione fra batteri F+ ed altri F- (senza ricorrere al pilo che non c'è). La coniugazione è comunque un evento raro.

Trasduzione:
trasferimento genico mediato da un virus batteriofago lambda, visibile solamente al microscopio elettronico.

1a tappa) Le fimbrie del batteriofago si legano alla parete del batterio, grazie a degli antirecettori che riconoscono specifici siti di adesione sulla parete cellulare.
2a tappa) La piastra aderisce alla parete del batterio. Viene liberato un enzima, detto lisozima, che va a ledere il peptidoglicano che costituisce la parete batterica.
3a tappa) La coda si contrae ed il DNA del virus viene spinto all'interno del DNA batterico.

A questo punto il DNA virale può seguire due vie, una prima chiamata ciclo litico ed una seconda detta ciclo lisogeno.

Ciclo litico:
il DNA si replica, vengono sintetizzati RNA e proteine virali; queste ultime si uniscono fra loro (si assemblano) per formare nuovi virus, nella cui testa si inserisce il genoma virale neoformato. Ogni batterio infettato da virus si trasforma così in una fabbrica di nuove unità virali. Al termine del processo, il batterio va incontro a lisi e a liberazione dei virus, che vanno poi ad infettare altri batteri.

Ciclo lisogeno: quando il virus infetta il batterio il suo DNA va ad integrarsi nel DNA batterico. I fagi che hanno un ciclo lisogeno vengono chiamati virus temperati, perché il loro DNA si integra nel cromosoma batterico e come esso si comporta; di conseguenza, viene trasferito alle nuove generazioni senza determinare alcun danno per il batterio. Questo stato di quiescenza può essere tuttavia spezzato da stimoli opportuni (raggi UV, stress ecc.); in queste situazioni il DNA virale si può staccare (excidere), passando dal ciclo lisogeno a quello litico.
Il fago lambda, che può dare sia cicli di tipo litico che cicli di tipo lisogeno, dà vita a due tipi di trasduzione; una chiamata generalizzata, che avviene in seguito ad un ciclo litico, e una seconda, detta specializzata, che si manifesta nel passaggio dal ciclo lisogeno a quello litico.

Trasduzione generalizzata:
durante il ciclo litico nella testa del virus possono essere incorporati frammenti di DNA batterico. Si forma una popolazione mista con fagi che contengono i geni virali di origine, e fagi con DNA batterico; questi ultimi possono poi inoculare i geni batterici in un nuovo batterio, così, il DNA inoculato si fonde con quello batterico. Questo tipo di trasduzione si definisce generalizzata perché qualsiasi gene del batterio donatore può essere trasferito al batterio ricevente.

Trasduzione specializzata:
il DNA virale integrato nel ciclo lisogeno prende il nome di PROVIRUS. Quando dal ciclo lisogeno si passa a quello litico, questo frammento di DNA donatore si spezza. Alcune volte (evento raro) il distacco non avviene negli stessi siti in cui si è saldato, ma in zone leggermente sfalsate; tale frammento, pertanto, avrà perso una porzione di DNA virale ed acquisito alcune sequenze di DNA batterico. Si formano così nuovi virus che nella testa portano DNA ibrido e che, infettando nuovi batteri, trasferiscono determinati e specifici geni batterici (da cui specializzata). Esiste un meccanismo chiamato conversione lisogenica, dove il DNA virale integrato nel DNA batterico (che tendenzialmente è silente) può esporre alcune proteine, che in genere sono delle tossine. Esistono in natura tossine batteriche dovute all'espressione di geni virali.

Trasposizione:
sia il cromosoma batterico che i plasmidi contengono degli elementi chiamati trasponibili, che sono cioè in grado di spostarsi (traslocazione) da una regione all'altra del genoma, oppure dal plasmide al genoma, oppure da un plasmide all'altro all'interno della stessa cellula batterica. In genere, quando un elemento trasponibile si sposta, una determinata sequenza rimane sia nel sito di origine, sia in quello dov'è stata asportata. Esistono diversi tipi di elementi trasponibili:

-sequenze di inserzione: contengono un gene che codifica per un enzima che favorisce la trasposizione (traspotasi).
-trasposoni: più complessi delle precedenti, alle due estremità 3' e 5' contengono due sequenze IS (di inserzione) e all'interno geni per la resistenza agli antibiotici (tetraciclina, penicillina, cloramfenicolo...)
-elementi invertibili: sono simili ai trasposoni ma mantengono la capacità di invertire i trasposoni.

Multiresistenza agli antibiotici:
meccanismi che avvengono frequentemente negli ospedali e a livello intestinale. Un batterio, attraverso la coniugazione, trasmette la resistenza ad un batterio, già resistente ad un altro antibiotico, su doppio plasmide. Il nuovo batterio con doppia resistenza va incontro a trasposizione, cioè la doppia resistenza si integra all'interno dello stesso plasmide e trasmette la caratteristica ad altri batteri.

6) ANTIBIOTICI

Gli antibiotici sono sostanze elaborate da organismi viventi o prodotte in laboratorio, capaci di determinare la morte dei batteri o di impedirne la crescita.

Differenza tra anitbiotici e chemioterapici:
entrambi sono farmaci antibatterici. La differenza, all’origine, si basava sul fatto che i chemioterapici sono farmaci di sintesi, mentre gli antibiotici hanno un’origine naturale; questi ultimi provengono, ad esempio, dal metabolismo di miceti (muffe) o da quello di determinati batteri (streptomiceti).Gli antibiotici rappresentano una categoria farmaceutica in costante evoluzione, per cui molte molecole naturali sono state modificate chimicamente ottenendo nuovi farmaci, detti di semisintesi.A seconda degli effetti sul microrganismo, gli antibatterici si dividono in:

- ANTIBIOTICI BATTERIOSTATICI: bloccano la crescita del batterio, agevolandone l'eliminazione da parte dell’organismo.
- ANTIBIOTICI BATTERICIDI: che determinano la morte del batterio.

Molte volte l'attività batteriostatica o battericida dipende dal dosaggio di assunzione.
Sulla base dello spettro d’azione si parla di:

-ANTIBIOTICI AD AMPIO SPETTRO: attivi nei confronti sia dei batteri gram positivi, sia di quelli gram negativi.
-ANTIBIOTICI A SPETTRO RISTRETTO: agiscono solo su determinati batteri.

Concetto di sinergismo: due antibiotici aumentano la propria attività quando vengono utilizzati insieme; essi, infatti, agiscono su due bersagli differenti. Il primo, ad esempio, inibisce la sintesi proteica, mentre il secondo quella degli acidi nucleici.

Concetto di antagonismo: l’attività di due antibiotici si influenza reciprocamente, come quando agiscono entrambi sullo stesso bersaglio biologico. Le combinazioni di più antibiotici possono essere utilizzate per il trattamento di infezioni polimicrobiche, per prevenire la comparsa di microrganismi resistenti, oppure per ottenere un effetto sinergico. Per esempio, si ricorre alla multiterapia nel trattamento dell’AIDS e per i microrganismi che presentano frequenti mutazioni.

7) CHEMIOTERAPICI

Sono farmaci che agiscono come antimetaboliti e competono per il substrato con l’enzima che catalizza una certa reazione.

Sulfamidici:
agiscono inibendo la sintesi dei folati, substrati indispensabili per la formazione di nucleotidi ed amminoacidi. L’uomo assume i folati attraverso la dieta, mentre i batteri li sintetizzano a partire da precursori (in quanto la parete batterica è impermeabile a queste sostanze). Grazie a tale presupposto i sulfamidici risultano tossici per il batterio, ma non per l’uomo. L’unico microbo che sfugge all’azione di questi antibiotici è l’enterococco intestinale, che riesce ad assorbire l’acido folico dal chilo enterico.I sulfamidici hanno una struttura analoga all’acido para-ammino benzoico (un substrato necessario per la sintesi batterica di folati) e competono con esso per il relativo enzima (al quale si legano sequestrandolo).

Trimethoprin: chemioterapico estremamente diffuso. Inibisce la produzione batterica di folati, ma, nella serie di passaggi biochimici che portano alla loro sintesi, agisce ad un livello differente rispetto ai sulfamidici.


Chinoloni:
chemioterapici derivati dall’acido nalidixico. Agiscono inibendo la topoisomerasi II; questa proteina, nota anche come girasi, è formata da 2 subunità, A e B, che permettono lo srotolamento ed il riavvolgimento del DNA batterico. La sub unità A taglia il DNA in siti specifici, mentre la B agisce nella cosiddetta spiralizzazione negativa (deavvolgimento del DNA). I chinoloni agiscono inibendo la subunità A della girasi e con essa la replicazione del DNA batterico (la novobiacina è invece attiva sulla subunità B e può pertanto avere un’azione sinergica con i chinoloni).

8) RESISTENZA AGLI ANTIBIOTICI

I batteri possono sviluppare una certa resistenza ai farmaci per la comparsa di mutazioni spontanee o per l’acquisizione di un plasmide durante i meccanismi di trasferimento genico.
I ceppi microbici resistenti possono:
produrre enzimi che modificano il farmaco (ad esempio le B lattamasi);modificare la struttura su cui agisce il farmaco;utilizzare una linea metabolica diversa da quella inibita;modificare la permeabilità cellulare, impedendo il passaggio o l'adesione della molecola con azione antibiotica.
Il GENE R, che trasmette la resistenza agli antibiotici, si trova nei plasmidi ed in particolare nei TRASPOSONI (quindi il trasposone può trovarsi nel plasmide ma anche integrato nel cromosoma del batterio resistente). Per approfondire vedi l'articolo dedicato: "meccanismi di trasferimento dell'informazione genetica nei batteri ".

Scielta dell'antibio:
Gli antibiotici a largo spettro, che in genere inibiscono le sintesi proteiche, sono senza dubbio quelli più efficaci, nonostante presentino il grosso svantaggio di distruggere la normale flora batterica dell’organismo, solitamente costituita da GRAM -. Da ricordare, inoltre, che di per sé l’antibiotico non crea la resistenza (che deriva da mutazioni e trasferimento genico), ma la seleziona. D'altra parte, la resistenza non è un fenomeno di adattamento ad un antibiotico, ma un evento - spontaneo e trasmissibile - che interessa il patrimonio genetico del batterio.
Per scegliere l’antibiotico più opportuno in ogni situazione occorre isolare il batterio tramite l’utilizzo di opportuni tamponi, biopsie o liquor (deiezioni, liquido cefalorachidiano, espettorato). I batteri vengono poi fatti replicare in opportuni terreni di coltura; successivamente si saggiano i vari antibiotici attraverso una metodica chiamata antibiogramma. I batteri vengono quindi spalmati (termine tecnico piastrati o inoculati) in una piastra petri contenente terreno agarizzato (solido), al cui interno sono distribuiti dei dischetti di carta assorbente (detta bibula). Ognuno di questi dischetti è imbevuto di uno specifico antibiotico. Dopo 24 ore si valuta la crescita batterica intorno al dischetto: tanto maggiore è il raggio di inibizione e tanto più quell’antibiotico sarà efficace.Esistono due tipi di antibiogrammi, uno diretto ed uno indiretto. Il primo è eseguito direttamente sul materiale patologico e presenta il grosso svantaggio di non essere selettivo (sappiamo che un certo antibiotico è stato più o meno efficace di un altro nel ridurre la popolazione microbica, ma non sappiamo quanto è attivo nei confronti del singolo patogeno). In quello indiretto, invece, si isola innanzitutto l’agente patologico dal campione e si eseguono le varie prove solamente su di esso. Per arginare il fenomeno della resistenza agli antibiotici è importante anche la collaborazione del paziente, che deve protrarre la terapia sino al momento stabilito dal medico senza interromperla - come spesso succede - ai primi segni di miglioramento.

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